In questo numero storie di donne che subiscono violenze e storie di donne che sono riuscite nel lavoro a realizzarsi, garantendo agli affetti familiari quella centralità che consente di non dimenticare mai quali sono le priorità della vita.
E’ una condizione, quella femminile, ancora oggi sovente vissuta come “diversità” e questo non è certamente il risultato atteso dalle donne. Né da quelle che si sono battute per l’emancipazione, né da quelle che silenziosamente hanno lasciato che i fatti dimostrassero l’importanza del loro ruolo nella società civile. Personalmente non ritengo che la soluzione sia quella delle “quote rosa” come “corsia preferenziale”.
La mia esperienza mi ha insegnato, infatti, che le donne non sono soggetti “più deboli” e che non hanno bisogno di essere “agevolate”. Ho avuto il privilegio di nascere e crescere in una famiglia di donne straordinarie che mi hanno lasciato severe regole di vita, tutte imperniate sull’importanza dell’ “impegno, del sacrificio e del lavoro”.
Tre “regole rosa della famiglia” che sono state fondamentali quando, completati gli studi, mi sono ritrovata in una situazione che aveva una sua “peculiarità”: quella di dover ricoprire un ruolo che normalmente è riservato a chi ha maturato esperienza e dimostrato capacità. Giovane e con pochissima esperienza, la vita mi ha riservato la privilegiata condizione di dovere assumere delle decisioni, ma in quella solitudine assordante che ti fa capire di colpo che non c’è più spazio per la confortante condizione, tipicamente adolescenziale, dell’insicurezza.
La vita con me è stata sicuramente molto generosa, e per questo sento di dover portare una testimonianza probabilmente inusuale, ma certamente reale. Tanto nella mia esperienza imprenditoriale, quanto nel mio “percorso associativo”, mi sono sempre relazionata con interlocutori nei quali non ho mai riscontrato una visione “maschilista”. L’esser donna è stato un atout non indifferente.
Oggi ho piena consapevolezza che non avrei potuto fare questo percorso di vita se non avessi avuto al mio fianco un padre straordinario, che mi ha educata all’importanza del fare più che dell’essere, e un marito meraviglioso, con il quale ho sempre condiviso un progetto di vita che giorno dopo giorno ha reso il nostro rapporto sempre più solido. Se non avessi vissuto in questo contesto familiare, probabilmente non avrei avuto né la forza, né la possibilità di fare quello che ho fatto.
Last but not least, con la consapevolezza che deriva dalla maturità, oggi mi sento soprattutto mamma. Mamma di un ragazzo che, educato sin da bambino alla qualità del rapporto più che alla confortante certezza della quantità e della presenza, è il più grande e il più importante dono che la vita mi ha fatto. Lui è la dimostrazione che le “tre regole rosa della famiglia” servono anche e soprattutto a crescere figli consapevoli dei doveri morali di chi sceglie di vivere attivamente nella società civile.
Ma la mia storia, come detto, è una storia “privilegiata”, ed è per questo che mi auguro che questo giornale possa ospitare le storie delle meravigliose donne che lavorano in staff con me e che hanno garantito alla mia azienda di vincere tante sfide ma, soprattutto, che quotidianamente dimostrano che l’impegno al femminile è una risorsa preziosa e irrinunciabile.
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