Veneziana di nascita ma siciliana d'adozione. Grande passione per mare, musica, viaggi e un'unica missione: regalare un sorriso ai suoi piccoli pazienti in ogni parte del mondo. E' Nicoletta Salviato, cardiochirurgo pediatrico, uno degli "angeli in camice" dell'Unità Operativa "Marta e Milagros" dell'Ospedale Civico.
Formatasi a Padova, poi a Bo-ston, in Inghilterra e Barcellona, arriva a Palermo al seguito del professore Carlo Marcelletti e da allora - nel 2000 - è un punto di riferimento nazionale e internazionale per tanti bambini con cardiopatie congenite. La dottoressa fa parte dell' associazione "Tutti i cuori di Rossana", che ogni
anno organizza le miniolimpiadi per i bimbi, e dell' Arcoiris (Amigos de los ninos-ninas).
Con disarmante umiltà, vera dote dei "grandi", dice: "devo dire grazie a tante persone. Nessuno cresce e matura da solo. Grazie a chi ha creduto in me professionalmente, ai bimbi e alle loro famiglie che mi hanno arricchito a livello emozionale".
Perfettamente assorbita dalla cultura siciliana, tanto da preparare dolcetti a base di pasta di mandarino, zucchero e cannella, ricorda le difficoltà iniziali: "L'esperienza siciliana è stata complicata; un'avventura pioneristica per fondare una unità di cardiochirurgia pediatrica con poche risorse umane. Ma rifarei tutto perché è un tassello importantissimo della mia vita".
Nella sua memoria gli sguardi di bambini arrivati da ogni parte del globo: Cuba, Marocco, Santo Domingo, Yemen, Perù, Kosovo. "La cardiochirurgia pediatrica non è solo sala operatoria, ma la sinergia tra mondo del bambino, mondo della madre e quello del cardiochirurgo che, inevitabilmente, deve inserirsi nel contesto del dolore e dell'immaginario delle famiglie. Se non si può curare bisogna almeno prendersi cura dei bambini". Tanti gli ostacoli incontrati, sia perché donna che si addentrava in un terreno solo maschile (solo 3 cardiochirurghe pediatriche in Italia) sia perché è una specializzazione molto difficile. Come le grandi menti, che non smettono di generare "pensieri", guarda al futuro "che per me - spiega - ha solo un nome, le cellule staminali". L'aspetto umanitario della professione è il filo conduttore della sua carriera, da quando nel '98 - in piena guerra del Kosovo - ha portato in Italia 2 bambini da sottoporre ad intervento fino alla campagna di vaccinazioni a Santo Domingo. L'entusiasmo, la solarità e la voglia di trasmettere fiducia nel futuro hanno preso vita e colore non solo sul camice ma anche sulle pareti del reparto grazie alla pittrice Rosita De Simone che, nelle notti in cui l'equipe operava, "partecipava" dipingendo i personaggi scelti dai bimbi. Ammira tanto la pediatra ceca Mirka Vasinova che ha seguito con ostinazione Dennis, un suo paziente in attesa di trapianto: "Era sempre il suo bambino, nonostante non fosse più in età pediatrica".
Il suo unico rimpianto, avere sacrificato la sua vita privata tanto da non avere ancora avuto figli. Ma come le ha detto una madre: "Se generare è dare la vita, allora lei è la mamma di tutti questi bambini".
|