Carissime, non ho vissuto il Sessantotto urlato in piazza al grido "... è mio e me lo gestisco io" ma, come voi, ho combattuto le mie battaglie di quotidiana affermazione di un modo di vivere diverso dal comune sentire. A cominciare dalla famiglia: lavorare, andare a vivere da sola, fare accettare al prossimo la mia indisponibilità al matrimonio e ritenere che il sentirsi pienamente donna non dovesse passare dall'essere "donna che partorisce". Facile? Vi assicuro che vent'anni fa non fu una passeggiata. Ringrazio le "sessantottine", ma forse non furono sufficientemente chiare: dovevamo tuffarci nella mischia per costruire il nostro futuro e quello della famiglia, ma Viva Iddio! avremmo dovuto anche potere mollare parte della fatica che facciamo dentro casa, compresa gestione della figliolanza!...Invece siamo diventate una piovra dai tanti tentacoli. Complimenti! Abbiamo fatto un bell'affare, ci siamo caricate del doppio, senza abdicare nulla!
Ma torniamo al lavoro che fu la madre di tutte le mie battaglie: lavoravo tutto il giorno e studiavo la notte con la piena convinzione che, purtroppo, solo l'indipendenza economica e l'istruzione possono dare potere contrattuale alla donna. Sono troppe ancora oggi le donne che scelgono di non abbandonare un marito violento, un compagno dal quale non ricevono più una carezza o che non amano più, frenate come sono dalla mancanza di un reddito proprio. Parliamo del lavoro. L'unico credo che ha accompagnato le mie scelte. Prima il lavoro a qualunque livello, ed immediatamente dopo la cultura. Ed è per questo che ancora universitaria cominciai a lavorare. Lavorare di giorno e studiare di notte per raggiungere entrambi gli obiettivi. Erano i primi anni '80, ed un giorno volli fare un esperimento: lasciai a casa il tailleur (strumento di omologazione al vecchio grigio fumo di Londra degli abiti maschili) e mi presentai con una tuta gialla che fece una certa "impressione". Oggi, invece ... è uguale: una "donna in carriera" non può non avere nel guardaroba una serie di tailleur dal taglio rigorosamente maschile, come se, per essere accreditate a partecipare al consiglio di amministrazione di una multionazionale, dovessimo misconoscere ogni femminilità e metterci la divisa.
Il tempo è passato e l'unico principio sul quale ho capitolato, in età pensionabile secondo il target, è stato il matrimonio. Detto ciò, ho una vita come la vostra che cominciate di buon mattino a sgomitare con i colleghi che non vi perdonano la voglia di sfondare; che piombate come Speedy Gonzales nel caos cittadino per lasciare e prendere i bimbi a scuola, scivolando sulla scia del solito stupido che vi epiteta "vatti a lavare i piatti". Certo, vi andrebbe di fermarvi, ma poi siete una signora.
E allora? "Vallo a dire a tua sorella". E tornando a casa la lista è lunga: preparare il pranzo per i figli, che sembrano digiuni da mesi; farli studiare, fingendo sicurezza davanti a metodi scolastici a voi sconosciuti. Arriva la fascia "sport e spettacolo": accompagnate i pargoli in palestra, a danza o a calcetto, e nell'attesa fate la spesa. Poi i colloqui con gli insegnanti e la temibile "pagella". Coraggio, è sera, siete al rush finale: arriva il marito, l'ombelico del mondo, l' "unico che fa un vero lavoro" ed è come sempre stanco, lui! Voi, invece, coriacee fino allo sfinimento, avete tutto pronto, compreso un sorriso: la cena a tavola ed il penultimo respiro per chiedere: "Come è andata oggi, caro?". "Scusa - dice lui - sono così stanco, ne parliamo poi...!" Sic! Davanti alla TV si consuma la penultima disparità: lui preferisce film d'azione o la partita, il colpo di grazia al sistema neurovegetativo.
Finita la cena, il "baronetto" si alza mollemente dal desco e sprofonda, come un biscotto nel caffellatte, sul divano, mentre voi raccogliete gli ultimi brandelli di energia per sparecchiare, fare i piatti e fra le bolle di sapone vi appare il letto che vi accoglierà, quello sì, con un abbraccio. Credetemi: è andata meglio ai panda, specie protetta universalmente riconosciuta.
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