Assunta Pomodoro e Lavinia Colluccello. Due donne, madre e figlia, contro tutto e tutti in una famiglia tradizionale, palermitana, dove è lui a comandare, il padre, Santino, operaio, buono, onesto ma all’antica. Due donne che guardano oltre le apparenze, oltre gli handicap, oltre i pregiudizi di una società arcaica dove anche l’essere donna è una diversità, ci conducono con leggerezza verso una verità: siamo tutti ...“difettosi”. Anche noi che ci vediamo “normali”. E’ questo il messaggio che viene fuori dalla esilarante commedia dialettale “A famigghia difittusa” di Calogero Maurici, con la regia di Pippo Valenza, messa in scena al Ranchibile dalla compagnia teatrale “Scusate se...è poco”, composta da un gruppo di amici, di gente come noi. Uno spettacolo per ridere, ma come dice l’autore, soprattutto per pensare.
Nessuno è perfetto. Ma c’è dell’altro. Per la compagnia è l’ennesima occasione per devolvere i proventi in solidarietà. Due anni fa i fondi sono andati ai ragazzi del S. Saverio, l’anno scorso al reparto oncologico dell’Ospeda-le dei bambini, adesso è la volta di una casa-famiglia di Villagrazia di Carini che ospita ragazze madri e bambini, e dell’Associazione “Vip”, Vivere in positivo: i deliziosi clown in corsia, che con i loro giochi strappano un sorriso ai bimbi ricoverati.
La rappresentazione ha raccolto così tanti consensi, che presto sarà replicata.
Ecco la trama: la normalità della vita del capocomico Perseo Neglia, nella scena Santino Colluccello, sposato con Assunta, viene sconvolta dall’amore della figlia Lavinia per Massimo Scassamento, un bravo ragazzo, con un solo “difettuccio”: è balbuziente. Tanto balbuziente. Gli stereotipi di Santino subiscono un primo scossone. Potrebbe, con difficoltà, superare questo scoglio, ma quando si presenta l’intera famiglia di Massimo, è la fine. Questa la scena che si appalesa ai suoi occhi: il padre gobbo, la madre storpia, il nonno senza un braccio, vedente da un solo occhio e con un tremore sussultorio, alla mano. Il suo nome è Felice, nonostante tutto.
Con un intreccio divertentissimo, condito dalla presenza di una vicina, Mauricchia, con la fissa del malaugurio, e dai consigli di padre Salvatore, Lavinia e Assunta fanno esplodere tutti i difetti di Santino, fino a convincerlo. Ed è nel fitto dialogo fra Santino ed i consuoceri che viene fuori l’insegnamento: gli esseri umani sono pronti ad accettare tutto, ma solo quando capita agli altri. Andiamo in chiesa, ci scambiamo il segno della pace, ma uscendo siamo pronti a criticare. Se avessimo l’onestà per guardarci dentro, capiremmo di essere come gli altri: pieni di difetti.
Anche la storia della compagnia è indicativa. Era il 1994, un gruppo di amici comincia questa avventura per gioco, incoraggiati da Padre Tarcisio (trasferitosi anni dopo in Romania), facendo capo al movimento delle Carmelitane scalze. “Abbiamo cominciato così – ricorda Pippo Valenza – per farci compagnia, per fare compagnia. Ed è così che mi è venuto di dire ‘Scusate se ... è poco’ ”. Esistono persone, ed in città ce ne sono, che dopo il lavoro, dopo cena, piuttosto che riposarsi lasciano la famiglia e spendono il proprio tempo per stare insieme, aiutando gli altri. Non è poco.
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