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L'anziano e la sua solitudine | |||
di Concetta Mezzatesta - e-mail | |||
Oggi, la nostra società sta diventando progressivamente una società con un numero sempre maggiore di anziani, di persone cioè ultra sessantacinquenni. Le fragilità che li riguardano sono fisiche ed emotive, in un mondo frenetico costruito su modelli iperattivi, aggressivi, competitivi ed agili. A volte, non c'è posto per chi, dopo una certa età, è fisiologicamente più lento, "stancabile" e solo. Occorrerebbe porsi questo quesito: come comprendere una persona in relazione al suo processo d'invecchiamento, inteso nel senso della complessa interazione tra gli aspetti biologici, psicologici, sociali, spirituali e esistenziali? In primo luogo, comprendendo che l'invecchiamento non è una malattia, ma un normale processo biologico; in secondo luogo, che nella solitudine (loneliness) il potenziale "tempo libero" viene percepito come "vuoto", un "…dilatarsi del passato con coartazione del presente e nullificazione del futuro" (Agresti, 1994); in terzo luogo, che sentirsi soli è un sentimento spiacevole o inaccettabile che implica una sensazione di discrepanza tra il numero e/o la qualità delle relazioni sociali realizzate e quelle desiderate. Dovremmo comprendere che la mente di un anziano è un archivio ricchissimo di storia (molte volte non scritta nei libri),geografia (di come un tempo era il mondo prima della rivoluzione tecnologica), genealogia (intesa come albero genealogico nel quale famiglie, eventi, relazioni si sono intrecciate fino a noi), di esperienza di vita (che si accumula solo attraverso il passare del tempo). Ci sono due tipi di solitudini "senili": la solitudine anagrafica - quando la persona vive sola - e quella affettiva - quando la persona si sente sola. La seconda spesso è consumata in qualunque ambiente, anche in famiglia. E allora cosa fare? La vera malattia dei nostri anziani è la nostra "sordità", la nostra mancanza di tempo dedicata all'ascolto, alle pause, alla possibilità di pensare ad un'altra realtà che non sia la fretta ed il tempo rincorso, ma che ci metta davanti lo specchio del nostro possibile futuro. La vecchiaia è un passo fisiologicamente determinato, per chi ha la fortuna di arrivarci e può rappresentare una risorsa importante (se bene amministrata) per la collettività. |
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