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La pubalgia, quel dolore a inguine e coscia che non è solo un problema dei calciatori |
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di Giuseppe Massei - Dottore in Fisioterapia dello Studio medico polispecialistico DO IN | |||
La pubalgia è una malattia infiammatoria che colpisce i punti di inserzione sull'osso pubico di diversi muscoli. Viene provocata generalmente da un carico eccessivo nel corso dell'attività sportiva; colpisce soprattutto i calciatori. Secondo Jarvinen è possibile identificare ben 72 cause di pubalgia, non solo patologie tendinee, muscolari, ossee, o articolari, ma anche infettive, tumorali, o come conseguenze di borsiti e intrappolamenti nervosi. Praticando la corsa, la pubalgia viene spesso provocata dal sovraccarico nei punti d'inserzione degli adduttori, a causa dell'attività su fondo irregolare, o di scarpe inadeguate , o ancora per squilibrio fra muscolatura degli arti inferiori e addominale; altra causa sono infortuni precedenti non ben recuperati, oltre che un incremento troppo rapido dei carichi d'allenamento. In pratica la pubalgia è un infortunio piuttosto raro al di fuori dei seguenti casi: abbinamento corsa-calcio (soprattutto calcetto), sovrappeso in relazione alla distanza abitualmente percorsa, allenamenti collinari frequenti con ritmi eccessivi in discesa È necessario, infatti, un periodo di riposo di 20 giorni che serve, oltre a identificare la causa del problema e predisporsi alla sua eliminazione, a risolvere i casi meno gravi, evitando il degenerare della patologia. In genere l'inefficacia del periodo di stop dà al medico le giuste indicazioni per comporre il cocktail di terapie di aggressione della pubalgia. La gran parte della gestione della patologia retto-adduttoria spetta al fisioterapista, anche se non è facile trovare abili riabilitatori che sappiano indicare il programma di cinesiterapia corretto. La terapia conservativa riveste un ruolo dominante ed è basata, in fase iniziale, sul riposo funzionale, sulla crioterapia, sull'eventuale terapia farmacologica, e sulla terapia fisica (laser di potenza, ultrasuonoterapia, jonoforesi). Il programma riabilitativo prevede lo stretching e il potenziamento muscolare che deve interessare,oltre ai muscoli adduttori, la catena posteriore fino al tendine d'Achille e i muscoli retti e obliqui dell'addome. Da segnalare i notevoli progressi nel campo delle terapie fisiche, quali laser ed ipertermia che, in mano a buoni fisioterapisti, possono dare buoni risultati. Solo in casi particolari e generalmente gravi si può ricorrere all'intervento chirurgico. |
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