Siamo proprio sicuri di aver compreso quale sia il criterio per definire una persona "normale"?... E, soprattutto, esistono livelli o gradi di normalità? La domanda esige una spiegazione.
Sovente accade di occuparci di soggetti o condizioni in cui prevale la disabilità, l'handicap, come si definiva con neologismo anglosassone fino a qualche anno addietro. Ancora oggi esistono leggi, sportelli, uffici, scuole che si occupano del problema. Ciò che è certo è che una malattia, una carenza fisica o mentale, l'esito di un grave evento pongono, oltre al problema, l'enorme peso del non sentirsi normali.
Mi vengono alla mente tutte quelle situazioni in cui qualcuno di noi è stato aggredito dal malefico germe della diversità, dunque, dall'esclusione.
Il branco scolastico, coi leader che dettano le leggi di inclusione e condannano alcuni all'isolamento. I sentimenti di timidezza, che provocano l'autoemarginazione. Il censo, la condizione sociale, tutti i circoli e circoletti perbene che fanno la differenza. La bellezza o la bruttezza esteriore, l'agilità e la goffaggine, la simpatia e l'antipatia.
La normalità non è imparziale, ma, soprattutto, contravviene all'unica legge che in natura può soccorrere chiunque: siamo tutti "difettati"!...
Poco tempo fa rimasi di stucco alla notizia che un signore cui erano state amputate le gambe aveva scalato l'Everest! Mi sono confrontato e, pensando che sarei in gravissima difficoltà ad affrontare la prima rampa del Monte Pellegrino, mi sono sentito poco normale… Poi mi sono confortato pensando che non a tutti è richiesta abilità scalatoria.
Quel signore dovrebbe avere compassione di me e non guardarmi come un essere inferiore, ma aver tolleranza per la mia pochezza fisica.
Quante volte ho provato ad accompagnare al pianoforte la mia voglia di cantare: che strazio per i familiari. Ray Charles avrebbe avuto pietà del mio handicap? Sono certo di sì, anche se non è poi così scontato. Il mondo va visto dal verso giusto, cioè, molto spesso, al contrario, per recuperare il relativismo migliore, quello che ci fa comprendere davvero che, in fondo, siamo tutti normali.
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