anno 4
n. 5
9 febbraio 2009
sommario


PRIMA 
- Editoriale
Non spezziamo il ponte dei disabili
  (di Michele Guccione)


pag. 2: LE NOSTRE INIZIATIVE
- Punti di vista
Il mondo al contrario
  (di Diego Fabra)
 
- Smettere di fumare… con sorpresa

pag. 3: MEDICINA
- Aiutiamo chi attende un trapianto (di Bruno Gridelli ) 
- Inbox
- Il nostro giornale al gazebo dei Cardiotrapiantati siciliani (di Giulia Valenti)

pag. 4:  STORIE
-
La storia finita bene (di Francesco Trupia)
- Una storia senza fine (di Francesco Trupia)
- La storia finita (di Giusy Egiziana Munda)

pag. 5:
STORIE
- Una frequenza sul web per la salute mentale (di Enza Bruno)

pag. 6: PSICOLOGIA
- La "presa in carico" (di Silvia Tinaglia)
- Consigliati

pag. 7: RUBRICHE
- L'angolo dell'avvocato Disabili e diritto alla visita (di Angela Ragusa)
- Mangiarbene
Il grano saraceno (a cura dello Studio Nutrizione e Dietetica)

pag. 8: CERCHI UNA FARMACIA?
- Farmacie di turno
- Annunci immobiliari

pagina 6  - PSICOLOGIA
La "presa in carico"
di Silvia Tinaglia - Psicologa, Psicoterapeuta

"Presa in carico" è un'espressione ampiamente utilizzata in ambito socio-sanitario per indicare una modalità fondamentale del supportare o del curare. Può riguardare interventi operati da psicologi, psicoterapeuti, medici, tecnici della riabilitazione, assistenti sociali e tutti gli operatori socio-sanitari in genere. 

A fronte di un disagio o di un bisogno emergente da soddisfare, può essere necessario che il paziente/utente venga preso in carico dall'operatore, affinché si giunga ad un obiettivo da entrambi sufficientemente condiviso. 

Non si tratta di una semplice azione, perché la presa in carico racchiude l'insieme degli interventi e delle condizioni che consentono la valutazione dei bisogni e delle abilità della persona e che individuano e predispongono le azioni atte a garantirne la massima partecipazione alla vita sociale. È un vero e proprio processo, che operatore ed utente "co-costruiscono", ossia realizzano insieme, a partire quanto più possibile da una progettazione condivisa... Ha quindi necessariamente a che fare con il tipo di rapporto che si instaura tra chi è portatore di una richiesta di cambiamento e chi si assume la responsabilità di promuovere, sostenere e indirizzare tale positiva modificazione. Lo stato di difficoltà rende l'utente in varia misura vulnerabile e desideroso innanzitutto di percepire accanto a sé una o più figure rassicuranti, la cui competenza gli comunichi che è possibile "con-prendere" il suo disagio ed intervenire a favore di un cambiamento in positivo della situazione. 

Prendere in carico comporta, in qualche modo, l'assunzione su di sé, grazie alla propria competenza professionale, di parte del "peso" che grava sull'utente, per ridurre il suo disagio consentendogli di attivare nuove energie e riacquistare fiducia nel futuro.
Se la presa in carico risulta proficua per tutti gli ambiti di intervento, diventa imprescindibile condizione operativa quando gli utenti in questione sono persone con disabilità o soggetti portatori di patologie psichiche gravi. L'ottica, in tali evenienze, diventa ancora più centrata sul prendersi cura della persona piuttosto che della malattia ed il raggio d'azione dell'intervento si allarga fino a comprendere anche i familiari ed il contesto di appartenenza. 
Gli operatori diventano molteplici ed agiscono in modo integrato attraverso un approccio multidisciplinare, finalizzato al recupero funzionale, psicologico e relazionale del soggetto. 
Spesso, occorre prevedere una riabilitazione estensiva, senza rigidi limiti temporali, oppure cicli riabilitativi su base annua, o, ancora, una riabilitazione di durata definita in base al progetto-programma d'intervento individualizzato. In tali circostanze si comprende che la prospettiva temporale si connette in modo inscindibile con la presa in carico degli utenti.

Un'eventuale interruzione del trattamento non solo depriva i soggetti di servizi essenziali, ma, spezzando i rapporti di fiducia costruiti con gli operatori, abbandona loro e i familiari in uno stato di frustante solitudine e "tradisce" le aspettative sui progetti di vita attivate e sostenute dall'intervento. In breve, il rischio è di far regredire la condizione fisica, psicologica e sociale di tali pazienti a livelli inferiori a quelli precedenti alla presa in carico. 
Il trattamento degli utenti con più gravi difficoltà, che fa fronte al loro desiderio di essere accolti e di raggiungere un certo grado di autonomia personale, rientra tra i diritti di cittadinanza e come tale può essere configurato come un vero e proprio compito e dovere della "polis", di tutta la comunità civile. Nessuno può dunque accettare che si giunga alle dannose conseguenze del clima di precarietà che modalità di finanziamento non perfettamente concertate tra le istituzioni responsabili troppo spesso impongono.

progetto  e realizzazione edizioni associazione nell'attesa - © tutti i diritti riservati