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Disturbi della vista nel bambino: aiutarlo, non iperproteggerlo |
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di Angela Ganci - Psicologa psicoterapeuta, mediatrice familiare - angela.ganci@virgilio.it | |||
La nascita di un bambino rappresenta un momento estremamente importante nella crescita di una famiglia poiché comporta cambiamenti sia nell'organizzazione della vita quotidiana (orari, abitudini e via dicendo), sia per le responsabilità di un genitore che sperimenta questo ruolo per la prima volta. Si possono facilmente intuire le difficoltà che possono sorgere quando i genitori si trovano in presenza di una disabilità visiva del bambino, problema che comporta una serie di limitazioni nella vita quotidiana, conseguenti alla mancanza o al cattivo funzionamento degli occhi. Dal momento che il primo contatto del bambino con il mondo esterno è mediato dalla vista, un deficit visivo tanto più è precoce tanto più compromette lo sviluppo di tutte le altre abilità che da essa dipendono. Infatti, poiché i primi apprendimenti avvengono per imitazione, non vedendo bene il volto della madre e non potendone osservare le espressioni e la mimica, il bambino non sarà in grado di imitarli e, quindi, non saprà esprimere le proprie emozioni o bisogni in modo comprensibile. Da parte sua, la madre non potrà ricevere dal proprio piccolo le risposte ai suoi messaggi di affetto, trasmessi, ad esempio, dai sorrisi, così come non saprà decifrare i suoi bisogni. La motivazione all'esplorazione è, in genere, scarsa: sono, infatti, le forme ed i colori degli oggetti che stimolano l'interesse, per cui, per coinvolgere i bambini affetti da problemi di vista, gli stimoli devono essere più forti: per esempio, oggetti più grandi o dai colori più intensi. Scopo di ogni intervento dovrebbe essere quello di fornire al bambino opportunità di crescita e potenziamento delle sue capacità, promuovendo nei genitori un senso di adeguatezza e di sicurezza. |
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