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L'evoluzione storica del fenomeno associativo | |||
di Eugenio Scotto Di Tella - avvocato | |||
Il dilagare della disoccupazione, lo sfruttamento del lavoro umano, la concorrenza indebita per procacciarsi un posto di lavoro, e quindi la possibilità per il capitalista di acquistare a vil prezzo i mezzi di sussistenza del lavoro salariato, ravvivano l'aspirazione delle masse verso una migliore giustizia sociale creando un anelito di riforme atte a realizzarla. E poiché le cause della drammaticità di tale realtà sociale si individuano nella struttura del sistema capitalistico, si comprende agevolmente come i movimenti ideologici che andavano man mano affermandosi si trasformassero, materializzandosi in varie forme, in movimenti operai e, in conseguenza, in movimenti sindacali la cui piattaforma era la solidarietà professionale dei lavoratori dipendenti in contrapposizione alla dittatura contrattuale dell'imprenditore. Le antiche associazioni di mutuo soccorso fra compagni di lavoro, che avevano il compito di soccorrere il lavoratore nell'ipotesi di bisogno, si trasformano in organizzazioni di resistenza contro il padronato per migliorare le condizioni di lavoro. Di fronte al diffondersi di tali situazioni di fatto e al dilagare del fenomeno divenuto una necessità storica incoercibile, lo Stato fu costretto ad abbandonare la sua politica repressiva: salvo episodiche manifestazioni di estrema riluttanza all'accettazione del movimento associazionistico, adotto gradatamente una politica di tolleranza che sfociò, seguendo il corso degli eventi, in un'attività legislativa (dalla seconda metà del secolo XIX) che affiancò l'azione sindacale nella tutela del lavoro subordinato. (7 - continua) |
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