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pagina 1 - PUNTI DI VISTA | |||
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La mente in prigione | ||||
di Diego Fabra - e-mail | ||||
Lo sguardo sperduto in chissà quale mondo. La parola che si avvia, ma presto perde ogni nesso. La mimica direbbe qualcosa, ma, sganciata dai significati, non dice più. Una persona tutta da interpretare. Una persona cara, con le fattezze della persona cara, ma senza più un ricordo cui appellarsi. La mente in prigione, il corpo sempre meno abile. Si chiama morbo di Alzheimer, dal nome del primo medico che descrisse un pietoso caso e ne studiò gli intimi meccanismi. Un dramma familiare, che colpisce molte famiglie. Da quando l'età media si è notevolmente innalzata sono aumentate le patologie dell'età senile. Non siamo preparati. Ma, del resto, chi può dirsi preparato ad assistere al deterioramento profondo della personalità di una persona cara?... A me toccò perdere così la mamma. Ricordo con terrore l'alterazione dello sguardo che notai quando la malattia "slatentizzò" (termine medico per indicare il momento in cui una malattia diventa manifesta). Era una sera. La mamma aveva subìto un intervento chirurgico di routine. Una febbre. Una banale ipertermia da cistite, slatentizzò il male. Lessi negli occhi di mamma, in un attimo, tutta l'intera, dolorosa vicenda che da quel momento in poi si sarebbe abbattuta sulla nostra famiglia. Convivere con l'Alzheimer non è facile: vuol dire quasi sempre cercare una via di comunicazione. E' il problema dell'isolamento. Non funzionano più le parole: esse sono contenitori vuoti. Lo sguardo annaspa alla ricerca di qualcosa e ben presto si spegne. Ma, se la parola non funziona più, la comunicazione può avvenire nella sua parte più intima. Il gesto, espressione di un sentimento, prende la direzione giusta e arriva inesorabilmente al cuore. Si chiama "comunicazione non verbale". La parola viene accompagnata da gesti, intonazioni della voce, carezze: giunge l'intimo significato del contatto, non l'espressione verbale. La rassicurazione avviene attraverso questo mezzo e conquista spazi di comunicazione prima inaspettati. Sperimentata con mia madre, questa tecnica mi ha accompagnato in tutta la vita professionale, consentendomi di essere "presente" in casi difficili. Uscire dall'isolamento più complesso, quello della mente, è sempre possibile quando a dettare i gesti è l'amore di chi non vuole rassegnarsi nemmeno di fronte alle malattie più impietose. La mamma andò via un pomeriggio di settembre: forse è mia illusione, ma mi sembrò volesse sorridermi. Forse un grazie. Forse un bacio. |
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