Sono sempre più numerose le richieste d'intervento da parte di persone che si rivolgono al servizio del SerT perché si occupi di un loro familiare affetto da dipendenza da gioco. Dal 2006 ad oggi sono stati trattati con successo 116 casi, di cui 50 solo nel 2008. Si tratta di numeri che mostrano la preoccupante crescita di un fenomeno tipico dei nostri giorni, equivalente ad una vera e propria dipendenza e, in effetti, di dipendenza senza sostanza parlano la Dott.ssa Francesca Picone e il Dott. Alessandro Lipari - che insieme alla Dott.ssa Silvana Scardina curano il servizio - che hanno accettato di rispondere alle nostre domande.
Chi è il giocatore d'azzardo?
L'identikit varia a seconda della personalità e delle situazioni di partenza che il soggetto vive: a volte si innesta su un quadro patologico già compromesso, più spesso si tratta di soggetti che conducono una vita normale, senza particolari patologie di fondo, che si avvicinano al gioco per tentare la fortuna e finiscono per scivolare nella dipendenza.
Quali situazioni sono determinanti per indurre un individuo a giocare con compulsività?
In genere il momento scatenante è una vincita (anche non rilevante) dell'individuo. Si tratta di un incontro fatale che fa entrare il soggetto in una spirale senza ritorno. Il soggetto comincia a pensare continuamente al gioco, una vera ruminazione del gioco visto come elemento magico. Il giocatore diventa incapace di controllarsi e continua a giocare e perdere, rincorrendo il sogno di una vincita che si allontana sempre più.
Quali sono i sintomi per riconoscere la presenza della patologia?
Come in molte altre patologie da dipendenza, il soggetto tende a chiudersi in sé, diventa più taciturno, abbandona le attività che prima svolgeva, perde l'interesse per la famiglia e tutta la sua attenzione viene assorbita dal gioco. Spesso, il giocatore tende a mentire a se stesso e agli altri per coprire il suo rapporto con il gioco.
In genere, chi si rivolge al Servizio, le famiglie o i giocatori stessi?
Di solito sono i familiari, ma non mancano casi di giocatori che ci chiamano per risolvere il loro problema. In questo caso il percorso terapeutico ha maggiori possibilità di successo perché è più forte la motivazione.
Come interviene il servizio del SerT?
Dopo l'approccio iniziale da parte dell'equipe, per effettuare una prima valutazione, soprattutto attraverso l'incontro con i familiari, si passa ad un'analisi a 360 gradi del caso tesa ad evidenziare l'esistenza o meno di problemi psichiatrici di fondo. Dopo la fase esplorativa si definisce l'intervento. Nel corso degli incontri con il soggetto si tende a ricercare gli eventi scatenanti che lo hanno portato a entrare nella spirale del gioco. Il coinvolgimento della famiglia è importante per la risoluzione del problema.
Dopo i primi tre mesi di terapia gli incontri proseguono con cadenza mensile fino a che il giocatore non impari a gestirsi. Il soggetto, comunque, continua ad essere tenuto sotto controllo perché, come in tutte le dipendenze, c'è il rischio di una ricaduta. Il controllo avviene attraverso un continuo follow-up telefonico.
Sotto il profilo della prevenzione del fenomeno, cosa si potrebbe fare?
Serve una maggiore informazione e sensibilizzazione della cittadinanza da attuare in modo più capillare e diretto con il coinvolgimento dei medici di base. L'idea è quella di distribuire presso i loro studi un questionario anonimo che serve a riferire dati da parte dei pazienti al proprio medico. Anche la collaborazione delle scuole è importante.
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