Un’ordinanza del 12 giugno, che ha accolto il ricorso dei centri accreditati, ha ritenuto illegittimo che la prescrizione dei trattamenti per le persone disabili debba essere necessariamente effettuata dallo specialista operatore in struttura pubblica.
Il Tar del Lazio ha ritenuto illegittimo che la prescrizione dei trattamenti per le persone con disabilità debba essere necessariamente effettuata dallo specialista operatore in struttura pubblica (ospedaliera o territoriale). La decisione contenuta in un’Ordinanza del 12 giugno, in cui è stato accolto il ricorso per annullamento previa sospensiva del decreto della Regione Lazio n. 39/2012 recante norme in materia di non autosufficienza e disabilità. A proporre il ricorso l’Anffas Cisterna di Latina, la Federazione degli organismi per l’assistenza alle persone disabili (Foai), l’Associazione religiosa Istituti sociosanitari (Aris), l’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) e la Federazione nazionale associazione famiglie e centri tutela minori (Ftm). Il decreto impugnato era già stato respinto una volta dal Tribunale amministrativo del Lazio, che nel novembre del 2013 lo aveva rinviato alla Regione chiedendo di modificare il comma 2 del punto 5.1, che recita: “L’accesso avviene tramite prescrizione del medico specialista di riferimento per la specifica disabilità, operante in struttura pubblica (ospedaliera o territoriale)”. Una norma che secondo i ricorrenti “squalifica, di fatto, le équipe delle strutture accreditate”, attribuendo invece assoluta validità alla prescrizione fatta da un qualunque specialista esterno (ospedaliero o della Asl) “anche se vede il paziente una sola volta e senza effettuare test”. Le modifiche introdotte dal Commissario ad Acta sono state considerate «elusive» dai ricorrenti, perciò la Regione aveva imposto l’utilizzo del ricettario Ssn lasciando di fatto inalterato l’obbligo di ricorrere per le prescrizioni allo specialista pubblico. Di qui il secondo ricorso nuovamente accolto dal Tar Lazio. “La Regione risponda al segnale del Tar – ha dichiarato Michele Bellomo, presidente regionale dell’Associazione religiosa Istituti sociosanitari (Aris) -. La volta scorsa, nonostante avessimo vinto, la Regione emanò una nuova norma ancora più stringente- spiega Bellomo- speriamo che non lo rifaccia producendo più danno al libero accesso dei cittadini alle cure. I tecnici della Regione non hanno capito che uno specialista è uno specialista e che la struttura accreditata ha tutti i requisiti per essere considerata allo stesso livello del pubblico per questo non vedo perché fare discriminazioni”. “La Regione ha mille possibilità di controllo, poiché i progetti riabilitativi sono inseriti entro 30 giorni ed è possibile verificarli in tempo reale e intervenire immediatamente – ha concluso Massimo Sala, presidente dalla Federazione degli organismi per l’assistenza alle persone disabili (Foai) -. Inoltre, la spesa è governata tramite budget già assegnati, oltre i quali non si può andare. Se la sentenza di febbraio confermerà la sospensione e l’elusione, la Regione Lazio dovrà accettare che non è corretto che solo il servizio pubblico possa fare prescrizioni”.
Redazione