Esistono molte norme per combattere il randagismo, ma serviranno a poco se i cittadini non impareranno a rispettare gli animali.
I cittadini e le associazioni animaliste chiedono alle istituzioni di garantire l’applicazione della legge per prevenire e per contenere il fenomeno del randagismo per la tutela degli animali da affezione e per il relativo buon utilizzo del denaro pubblico.
Circa 10 milioni di italiani godono in famiglia dell’amicizia e della compagnia degli “animali d’affezione”, ma migliaia di cani abbandonati e reietti sono condannati all’ergastolo nelle celle di canili, grazie all’irresponsabilità e all’insensibilità dei cittadini, agli interessi economici di gestori e alla latitanza delle istituzioni. Sono circa 150 mila i cani all’interno dei canili italiani e Puglia, Campania, Sicilia, Lazio, Calabria sono in cima alle classifiche per numero di randagi chiusi nelle strutture o vaganti per strada. Si tratta di un gigantesco business di almeno 200 milioni di euro con sofferenza per gli animali e con enorme danno all’erario. Il randagismo è una piaga causata principalmente dal possesso irresponsabile di animali d’affezione e dalla scarsa applicazione della legge da parte delle istituzioni.
Le leggi ci sono ma è ora di rispettarle per prevenire il randagismo e per tutelare gli animali.
Per questo, si chiede
ai comuni di applicare l’art. 3 della d.p.r. 31.3.1979 in merito alla funzione di vigilanza sull’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e locali relativi alla protezione degli animali e alla difesa del patrimonio zootecnico. A questo, si aggiunge
anche la richiesta di applicare l’art.4 della l.281/91 dando priorità ai piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione anche stabilendo convenzioni con veterinari privati per ridurre le tariffe e imponendo un “contributo di prevenzione del randagismo” ai possessori di cani fertili) sia per i cani di proprietà che per quelli liberi sul territorio e all’interno dei canili. Inoltre, occorre censire i cani presenti sul territorio quindi vigilare, anche ai sensi dell’art. 3 del dpr 31.03.1979 sul rispetto dell’iscrizione all’anagrafe canina da parte dei cittadini possessori di animali come prevede la legge 281/91 art.5. È necessario controllare che i veterinari liberi professionisti informino veramente i clienti sugli obblighi di legge (come da ordinanza 6 agosto 2008) e che segnalino all’Asp i casi d’inadempienza, anche attraverso l’ausilio delle forze di polizia dotate di lettori di microchip (come da ordinanza 6 agosto 2008) e della collaborazione delle guardie zoofile. S’impone, oltre a tutto, di dotarsi di canili pubblici, come da art. 4 della l.281/91, e di tutelare gli animali che non devono diventare oggetto di speculazione in base a gare di appalto con tariffe al ribasso. Non si può che garantire buone condizioni di vita, il rispetto delle necessità di specie compreso il contatto affettivo con i cittadini riuniti in associazioni animaliste e il contatto con la natura, per gli animali all’interno dei canili. A questo proposito, è doveroso organizzare i percorsi educativi per i proprietari di cani come da ordinanza 6 agosto 2013, per cui
si chiede alle giunte regionali di curare la formazione e l’aggiornamento per il personale degli enti locali. Si vuole così promuovere concretamente tra i cittadini la cultura del possesso responsabile degli animali da affezione e il rispetto dell’obbligo di identificazione e applicazione del microchip. L’art 3 della legge 281/91 prevede che i canili offrano buone condizioni di vita agli animali, applicando le norme e regolamenti esistenti e dove necessario rivedendoli, abbassando il numero massimo di animali ai 200 esemplari e favorendo la realizzazione di canili sostenibili (parco-canile). Per questo motivo, lo stesso art. 3 stabilisce dei protocolli di vigilanza specifici nei canili e dei corsi di formazione e di aggiornamento degli organi di vigilanza degli enti locali e delle unità sanitarie locali con particolare attenzione alla legge 20 luglio 2004 n. 189. Questa legge persegue tutti i casi di rischi di sbranamento, vessazione, isolamento fisico e sensoriale, la mancanza di adeguate coperture a protezione dagli agenti atmosferici rischiosi per la salute degli animali, degenza in condizioni di scarsa luminosità, alimentazione carente e non regolare, ecc.. Non si può escludere in questo quadro la realizzazione di modelli di disciplinari di gara e di convenzioni per i comuni in merito all’affidamento dei cani comprendenti obbligatoriamente le norme principali riguardanti la gestione, le adozioni e i rapporti con le associazioni di volontariato, oltre alla tipologia di strutture. Queste ultime, tra l’altro, sono da realizzare in collaborazione con le associazioni animaliste e i distretti veterinari. A queste misure urgenti, il Ministero della Salute e il Governo dovrebbero anche introdurre misure rigorose per disincentivare i privati a far riprodurre i propri cani e gatti, vista la situazione di emergenza creata dal randagismo soprattutto nel centro sud e i pesanti costi pubblici. Le Istituzioni non possono non avviare campagne di comunicazione per educare i privati al possesso responsabile di cani e gatti
di intervenire per eliminare le disomogeneità evidenti tra diverse regioni e stabilire i criteri minimi strutturali e gestionali dei canili. In questo modo, si assicura l’avvio di un processo virtuoso, che se applicato comporterebbe non solo un beneficio per gli animali, ma anche un enorme risparmio di denaro pubblico. è necessario garantire l’applicazione della norma attraverso sanzioni disciplinari ai dirigenti pubblici inadempienti, perseguendo il mancato mantenimento dei cani da parte dei comuni all’interno di canili pubblici o privati convenzionati.
Un aiuto può provenire dall’autorizzazione all’utilizzo delle cliniche veterinarie mobili, purché correttamente accessoriate, permettendo alle associazioni animaliste di promuovere campagne di sterilizzazione di cani randagi e di privati, malgrado le difficoltà che talvolta si verificano da parte delle resistenze dei veterinari locali. Un ottimo contributo può provenire dall’imposizione ai comuni di incaricare i volontari delle associazioni di tutela animale alla gestione delle adozioni nei canili privati convenzionati e pubblici (art. 5 l.281/91 agg. l. 244/2007 art.2 comma 371) mediante la stipula di protocolli d’intesa che garantiscano la tutela del cane. Tuttavia, così tanti sforzi saranno inutili se le Istituzioni non vigileranno sulle strutture che ospitano animali da affezione, punendo rigorosamente il maltrattamento all’interno di canili lager, allevamenti e cucciolifici.
Francesco Sanfilippo
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