La storia naturale della malattia diabetica è associata allo sviluppo di complicazioni a carico dei piccoli e grossi vasi. Il diabete mellito e le malattie cardiovascolari spesso sembrano come le due facce di una medaglia: per certi versi il diabete mellito può essere giudicato equivalente a una malattia coronarica (cioe’ dei vasi che irrorano il cuore), mentre molti pazienti con malattia delle coronarie soffrono di diabete. L’incidenza di patologia delle coronarie nei soggetti diabetici è da uno a quattro volte superiore rispetto ai soggetti non diabetici di pari età. Anche la mortalità complessiva per malattie cardiovascolari è più che raddoppiata negli uomini diabetici e circa quadruplicata nelle donne diabetiche, rispetto ai non diabetici. Inoltre i soggetti diabetici infartuati sono più esposti a complicanze, quali recidiva di infarto, insufficienza cardiaca congestizia, ecc. Un aspetto da non trascurare è rappresentato dalla manifestazione spesso subdola della patologia coronarica nel diabetico, possibile causa di un deleterio ritardo diagnostico. Quest’ultima è caratterizzata dall’assenza del tipico e allarmante dolore toracico, spesso rimpiazzato da sintomi ingannevoli e meno allarmanti come mancanza di fiato o astenia. Altre temibili complicanze vascolari sono gli eventi ischemici cerebrali transitori o stabili (cosiddetto TIA o ictus) quando sono coinvolte le arterie che irrorano il cervello e la claudicatio (intenso dolore muscolare crampiforme mentre camminiamo) quando sono coinvolte le arterie degli arti inferiori. Bisogna pensare alle malattie cardiovascolari ed al diabete come due rilevanti alterazioni dello stato di salute, strettamente interconnesse. Per questo è opportuno che diabetologi e cardiologi uniscano le loro forze secondo un approccio “cardio-diabetologico” per migliorare la qualità della gestione diagnostica e terapeutica dei milioni di pazienti affetti sia da malattie cardiovascolari, sia metaboliche. È, infatti, dimostrato che la cosiddetta prevenzione primaria di queste patologie nei diabetici che ancora non ne sono affetti, controllando i fattori di rischio cardiovascolare se presenti, consente un aumento della sopravvivenza in assenza di eventi cardiovascolari. Occorre partire dallo stile di vita che, talora, è erroneamente trascurato. Va implementata l’attività fisica e, in questo senso, sono consigliati almeno 150-180 minuti di attività fisica aerobica la settimana (come passeggiare a passo spedito per ½ ora al giorno per 5 giorni la settimana per esempio). Va migliorata la qualità dell’alimentazione, riducendo l’assunzione alimentare totale e l’apporto alimentare di lipidi (inferiore al 30% al giorno dell’apporto calorico totale) che deve consistere principalmente in grassi mono-polinsaturi (contenuti prevalentemente nei grassi vegetali, come nell’olio). È consigliabile, inoltre, un apporto abbondante di fibre ed un apporto di sale da cucina non superiore a 3 g/die (specie nei soggetti ipertesi). Occorre moderare l’assunzione di alcool, poiché il suo eccesso si associa ad un elevato rischio di ictus per consumi superiori ai 60 grammi giornalieri. Per consumi inferiori a 24 g/die (es. due bicchieri di vino) negli uomini e non più di 12 g/die nelle donne (fatta eccezione per la gravidanza e l’allattamento in cui il consumo di alcool è comunque da evitare), prevalgono invece i benefici nel nostro buon vino. È necessario abolire il fumo di tabacco e a tutti i diabetici deve essere sconsigliato il fumo di tabacco qualunque sia il tipo di tabacco usato. L’abolizione del fumo, in qualità di principale fattore di rischio cardiovascolare, è il più efficace intervento comportamentale finalizzato alla riduzione dell’incidenza di patologie cardiovascolari. Prima si smette di fumare, maggiore è il guadagno in termini di sopravvivenza, sino a divenire, dopo dieci anni dalla sospensione, sovrapponibile a chi non ha mai fumato. Altro aspetto preventivo di fondamentale importanza è rappresentato dal controllo metabolico, in particolare di quello lipidico. Nei diabetici la lipidemia dovrebbe essere misurata almeno una volta l’anno, o più per raggiungere determinati obiettivi. Nei soggetti a più elevato rischio è auspicabile un livello di LDL colesterolo (da alcuni chiamato colesterolo “cattivo”) inferiore a 100 mg/dL, mentre per i pazienti a rischio molto elevato, il consiglio è di raggiungere un livello di colesterolo LDL di circa 70 mg/dL. Per raggiungere questi target sono importanti le modifiche dello stile di vita, diminuendo l’apporto di grassi saturi con la dieta, controllando il peso corporeo, aumentando l’apporto di fibre, e facendo attività fisica regolare. Talora, se inefficaci tali misure o in presenza di malattie cardiovascolari clinicamente conclamate o pazienti a rischio cardiovascolare elevato, è necessario il trattamento farmacologico (con le cosiddette statine per esempio). Altro aspetto rilevante del controllo metabolico è rappresentato dall’adeguato controllo glucidico. Nei diabetici, l’obiettivo da raggiungere è un livello di emoglobina glicata (HbA1c) inferiore al 7%, senza che ciò comporti ipoglicemia. È fondamentale inoltre il controllo pressorio, poiché, nella persona con diabete, vari studi hanno fornito evidenze incontrovertibili di un maggior effetto protettivo di una riduzione pressoria più drastica rispetto a quella convenzionale. Pertanto, per ottimizzare la protezione cardiovascolare, è raccomandato un livello pressorio inferiore a 130 mmHg per la pressione sistolica, e inferiore a 80 mmHg per la pressione diastolica. Anche in questo caso l’ottimizzazione dei valori pressori si ottiene in prima istanza modificando le abitudini di vita per almeno tre mesi. Se inefficaci, tali misure va iniziato un trattamento farmacologico (di prima scelta i cosiddetti ace-inibitori o i bloccanti recettoriali dell’angiotensina anche noti come sartani). Altri farmaci, come beta-bloccanti, calcio-antagonisti, diuretici, possono essere aggiunti secondo necessità. Nei diabetici a rischio cardiovascolare, dovrebbe essere inoltre consigliata l’aspirina.
Dott. Manlio Panzarella
Cardiologo
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