I rapporti tra le associazioni di volontariato e i reparti ospedalieri che le ospitano, ricevendo in cambio sostegni all’attività di reparto, sono complessi e non sono esenti da rischi. Ne parliamo con il presidente dell’Aslti (Associazione siciliana per la lotta contro le leucemie e i tumori infantili), Avv. Giuseppe Lentini, che da anni opera nel reparto di onco-ematologia pediatrica del Maurizio Ascoli-Arnas Civico.
• Qual è il ruolo dell’Aslti e delle associazioni nel rapporto con l’ospedale?
<<La storia dell’ASLTI, pur rientrando in quella di tante associazioni di genitori di bambini malati di tumore in Italia ed in tutti gli altri paesi, è in verità del tutto particolare. L’associazione è nata con il centro di oncoematologia pediatrica di Palermo nei primissimi anni ’80 e ne ha condiviso la storia travagliata fin dalle origini, caratterizzata da gravi carenze e da una forte migrazione sanitaria, fino a diventare parte attiva del suo sviluppo e della sua attuale strutturazione ospedaliera sovrapponibile, in termini di risultati, ai migliori centri italiani. Oggi vive in totale simbiosi con il reparto e ne costituisce parte integrante, fino al punto che i genitori non distinguono più, dove finisce l’attività e l’intervento dell’unità operativa e dove comincia quella dell’associazione. È, credo, un ottimo esempio, un modello addirittura, di buona integrazione tra pubblico e privato nella sanità pubblica. L’accoglienza, intesa come umanizzazione del servizio ospedaliero, il sostegno concreto alle esigenze del reparto, dalla ricerca alla logistica, vedono l’ASLTI sempre in prima linea e fortemente impegnata. L’associazione ha dato e continua a dare qualità all’assistenza sanitaria globale del bambino malato>>.
• Quali sono i limiti di questo rapporto?
<<Parlare di limiti può essere fuorviante. In realtà, e lo abbiamo sempre sostenuto, i limiti sono insiti nella precarietà dei conti della sanità pubblica che fanno si che spesso le associazioni, e l’ASLTI non fa eccezione, si assumano oneri che non dovrebbero competere loro. Un conto è sostenere la ricerca o contribuire con la propria esperienza e capacità operativa all’umanizzazione dei reparti, un altro conto è sostenere finanziariamente quei compiti assistenziali propri del S.S.N. e in teoria già coperti dalla fiscalità>>.
• Quali possono essere le conseguenze di un eccessivo impegno dell’associazione nei confronti del reparto sia per l’associazione stessa sia per i pazienti?
<<Se parliamo d’impegno, questo non può mai, per definizione, parlando di volontariato, essere considerato eccessivo. Non ce ne sarà mai abbastanza. Il rischio, semmai, è che quelle distorsioni di cui parlavo prima, ovvero degli oneri “in surroga” del SSN, sottraggano risorse ai compiti propri, istituzionali, di una associazione dei genitori. Un altro rischio, questa volta in termini d’immagine, è quello di essere associati, in termini eccessivamente simbiotici, al funzionamento della struttura pubblica che risponde a dinamiche che sfuggono alle capacità d’intervento, e spesso di comprensione, di un organismo appartenente al volontariato. Distinguere il nostro ruolo è per noi pertanto importantissimo, anche per sentirci liberi di svolgere un’altra funzione necessaria: il controllo, non avendo altro interesse che quello del bambino e della sua famiglia>>.
• Fin dove può arrivare l’impegno di un volontario?
<<Il volontario conosce bene i suoi limiti, fa parte della sua formazione, che è accurata e permanente, e sa che è fondamentale non superarli. Non si tratta di tracciare un limite alla voglia di donare il proprio tempo agli altri, ma di saper distinguere i ruoli in un settore di estrema delicatezza. Il volontario non può e non deve sostituirsi al medico o allo psicologo; non può e non deve sostituirsi ai dirigenti aziendali; non può e non deve sostituirsi alla famiglia del bambino malato. Può e deve affiancare questi che sono i protagonisti principali del grande lavoro che si svolge attorno al bambino malato, portando il suo contributo di amore e di impegno, sapendo anche che è un contributo essenziale al buon funzionamento dell’insieme>>.
• Quale futuro si delinea per l’Aslti?
<<È difficile dirlo, in parte dipende da noi stessi, dalla nostra capacità di lavorare, rinnovarci ed essere sempre più “bravi” e trasparenti, in parte dipenderà da fattori e circostanze esterne. Sicuramente un ruolo determinante nella storia che si scriverà della nostra, ma anche delle altre associazioni, lo svolgeranno le istituzioni, e la riforma annunciata del Terzo Settore è un grande motivo di speranza per tutti noi. Oggi, infatti, assistiamo ad un proliferare di sigle associative, che nascondono spesso pressapochismo e improvvisazione, se non addirittura in qualche caso, disonestà. Fare pulizia è urgente e costituisce un elemento essenziale ed indispensabile per la credibilità dell’intero mondo del volontariato. Nello stesso tempo, sarà importante vedere come sarà regolato il finanziamento delle attività delle associazioni, il ricorso al privato ed alle sovvenzioni pubbliche. E in tempi di crisi, bisognerà vedere come tutto ciò sarà concretamente attuato. In questo contesto, a noi tocca e ci crediamo fortemente, essere ottimisti e cercare sempre di migliorare la nostra trasparenza, la nostra capacità di ottimizzare il lavoro e di renderlo efficiente. Siamo abituati a tempi difficili, e non ci faremo scoraggiare né dalla crisi economica, né dalle defaillance della politica. La forza ce l’hanno sempre data i nostri figli e la loro resistenza è anche la nostra>>.
Francesco Sanfilippo