Esistono numerosi pazienti che hanno contratto un’infezione ossea. Questi soggetti spesso non hanno solo problemi protesici, ma anche traumatologici e sono per molti versi simili ai pazienti oncologici poiché ne condividono aspetti come la cronicità e una vita drammatica, con problemi di ogni genere.
È chiaro che pazienti di questo tipo non possono essere curati in ogni luogo. Se l’infezione è leggera possono essere trattati in tutti i reparti di ortopedia, ma, se occorre utilizzare le tecniche classiche, vanno dirottati in uno dei centri maggiori e quando ci sono situazioni gravissime, in cui si devono sostituire interi arti, i centri adatti sono pochissimi. L’Anio (Associazione nazionale per le infezioni osteoarticolari), l’Onlus che si prende cura di 138 mila pazienti con infezione ossea, ha individuato tre centri hub, a Careggi (Firenze), a Pietra Ligure e a Milano, nel C.O.R. presso il Gaetano Pini.
È un problema di organizzazione che deve configurarsi sempre più in forma di rete e ovviamente i centri maggiori devono essere messi nella condizione di lavorare al meglio con risorse adeguate.
Sono diverse migliaia di nuove infezioni protesiche ogni anno, cui devono essere aggiunte le complicanze settiche delle fratture esposte (a seconda della gravità dell’esposizione dal 2 al 40%), quelle dell’osteosintesi e anche quelle, seppure più rare, dell’artroscopia chirurgica. In particolare deve essere ricordato che in Italia, come del resto in tutta l’Europa meridionale, ma anche in Gran Bretagna e ormai negli USA, la percentuale degli Stafilococchi (Aurei o Coagulasi Negativi) meticillino (o oxacillino) resistenti raggiunge nelle infezioni ortopediche ospedaliere il 35-40%.
Se generiche “ripuliture” nelle osteiti e nelle osteomieliti conducevano generalmente all’inevitabile cronicizzazione del processo infettivo, oggi resezioni precise guidate da un’accurata pianificazione preoperatoria, realizzata con le moderne tecniche d’immagine (RMN, TAC mirata, scintigrafia, etc.) e l’associazione dell’innesto di sostituti ossei osteoconduttivi e di matrici ossee osteoinduttive addizionate di specifici antibiotici, consentono spesso di guarire definitivamente anche osteomieliti da tempo cronicizzate.
Anche l’impiego dei fattori di crescita, come i concentrati piastrinici, trova spazio nelle revisioni protesiche in infezione, quando l’infezione per prima o la stessa, pur necessaria, demolizione chirurgica lasciano gravi perdite di massa ossea. Se si crede in un futuro migliore, dobbiamo accennare anche alla necessità di una nuova e più produttiva attenzione del Servizio Sanitario nazionale. Quest’ultimo deve favorire la costituzione di Unità Specializzate Ospedaliere di livello regionale e riconoscere ai pazienti affetti da complicanza infettiva ortopedico-traumatologica delle provvidenze. Un esempio di questo tipo è l’esenzione dal ticket per le prolungate terapie antibiotiche, come già avviene per altre categorie di malati.
Prof. Giorgio Maria Calori
Primario del COR presso Istituto Ortopedico Gaetano Pini
Presidente Estrot
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