I cavalli hanno da sempre rappresentato per l’uomo un aiuto per affrontare i lavori nelle campagne, per combattere le guerre o per dare semplice compagnia ai suoi padroni. In tutti questi compiti, il cavallo è sempre risultato decisivo, fino all’avvento della meccanizzazione, relegando quest’animale ai margini della società moderna, eccetto una riscoperta in tempi recenti con l’ippoterapia e il recupero di alcune tradizioni. Tuttavia, anche i cavalli, come l’uomo, hanno le loro malattie e alcune di queste possono trasferirsi all’uomo attraverso il “salto di specie”. Una malattia ha un suo habitat, dove convive con l’organismo infettato e difficilmente può passare ad una specie diversa, poiché ogni specie possiede una barriera naturale che rende impossibile tale passaggio. Capita, però, che qualcuna ci riesca, sviluppandosi nel nuovo ospite, come il caso di alcuni ceppi influenzali, e ciò può minacciare animali delicati e di una certa importanza economica quali i cavalli. Proprio per predisporre delle linee guida comuni ai Paesi della cintura del Mediterraneo per la movimentazione e la commercializzazione dei cavalli sportivi, si è tenuto un convegno, di recente, all’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia “A. Mirri” dal titolo “Training course on diagnosis of equine diseases”. Il meeting internazionale scaturisce da un’esigenza emersa nel 2013 durante la Prima giornata internazionale sulla sicurezza alimentare dell’Oie, l’Organizzazione mondiale della sanità animale. I Paesi arabi partecipanti, che hanno una secolare tradizione di cavalli di alto pregio, avevano chiesto, in quest’ultima occasione, di potere accedere a un corso di formazione sulle malattie infettive degli equini, per potersi allineare agli standard europei e internazionali. Non a caso, a quest’incontro hanno partecipato le delegazioni di esperti veterinari di Francia, Spagna, Grecia, Tunisia, Algeria, Egitto, Libano, Giordania, Oman, Kuwait e l’Italia, che ha fatto gli onori di casa. Molte di queste malattie equine sono trasmesse da insetti vettori come la malattia del Nilo occidentale, l’anemia infettiva, la peste equina, il morbo coitale maligno, l’artrite virale equina e la morva e alcune fra queste patologie, sono trasmissibili anche all’uomo. Il corso che ne è scaturito, è stato suddiviso in due parti, una teorica e una pratica, mirando alla prevenzione, e alla tempestività della diagnosi di laboratorio che deve essere rapida, economica ed affidabile per intervenire in modo immediato ed adeguato. Non a caso, nella parte teorica si è posto l’accento ad un piano di sorveglianza strutturale e a reagire, eventualmente, in tempi rapidissimi per bloccare la diffusione dell’agente infettivo. Nella parte pratica, realizzata in laboratorio, sono state acquisite le competenze diagnostiche necessarie per riconoscere le patologie già ai primi sintomi. Il direttore sanitario dell’Istituto zooprofilattico siciliano, Rossella Colomba Lelli ha dichiarato: “Il corso nasce, dunque, sotto gli auspici dell’Oie, oltre che del ministero della Salute, che proprio in questi giorni ha firmato un accordo bilaterale col Ministero dell’Agricoltura libanese. Le malattie infettive non conoscono barriere geografiche, pertanto non possiamo che affrontarle in maniera coordinata con tutti i Paesi con cui intratteniamo scambi commerciali”. Uno degli ostacoli che limita, a volte, l’efficacia degli interventi, è la mancanza di una legislazione comune che permetta di raggiungere la massima efficacia in tempi brevi in tutti i Paesi coinvolti dalle epidemie. A questo proposito, il capo dipartimento della Sanità territoriale dell’Istituto siciliano, Santo Caracappa, ha aggiunto: “una delle prerogative di questo meeting formativo-informativo è quella di approfondire gli aspetti diagnostici e normativi fra i vari Paesi della costa nord del Mediterraneo che si interfacciano con quelli della costa sud, da cui ci si attende, appunto, la redazione di un protocollo di intesa comune”.
Francesco Sanfilippo
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