Nell’articolo 32 della Costituzione Italiana, là dove si tratta dei “Rapporti etico-sociali”, si legge: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Si tratta di un forte richiamo alla libertà e all’inviolabilità personale, che merita attenzione e suggerisce un’attenta riflessione. La prima parte dell’articolo, infatti, rappresenta un preciso impegno dello Stato per la salvaguardia della salute in quanto bene per il singolo e per la comunità. La seconda parte sottolinea il diritto di esprimere l’accettazione o il rifiuto di trattamenti sanitari riguardanti la propria persona, eccettuati i trattamenti obbligatori e rigidamente normati a tutela della salute pubblica. L’erogazione delle prestazioni sanitarie è, quindi, soggetta all’approvazione libera e consapevole del richiedente. La violazione di tale principio costituisce un illecito che non soltanto contraddice il dettato costituzionale, ma comporta per l’operatore sanitario conseguenze rilevanti sul piano penale, civile, deontologico e disciplinare. Appare chiaro, e rientra nella comune esperienza medica, che i piani di trattamento ben compresi e accettati dal paziente hanno una maggiore probabilità di successo. Il paziente di un tempo, all’oscuro della tipologia del suo problema, costretto ad “affidarsi” a figure in camice bianco quasi demiurgiche, e a sottostare a trattamenti di cui non comprendeva bene né l’imprescindibilità, né i dettagli, né i rischi, conseguiva certamente risultati inferiori rispetto a quelli auspicati. La persona che oggi si rivolge a un presidio medico, si aspetta un’informazione comprensibile sulla natura del suo problema, e, prima di sottoporsi a qualsiasi trattamento, ha facoltà di conoscerne in dettaglio procedure, benefici, rischi ed eventuali alternative possibili. È suo diritto ricevere risposte chiare alle domande esplicitamente formulate o facilmente intuibili grazie all’esperienza e alla sensibilità dei sanitari con cui si relaziona. Instaurato un clima di fiducia, la richiesta del consenso informato, tramite apposita modulistica, acquista senso e valore. La somministrazione del consenso informato si applica a tutti i trattamenti sanitari di carattere diagnostico, preventivo e terapeutico che lo richiedano esplicitamente. Ogni attività sanitaria, teoricamente, potrebbe comportare la dichiarazione di consenso. Si può ragionevolmente ritenere, tuttavia, che il consenso sia implicito (e quindi non necessario in forma scritta) quando il trattamento stesso, non invasivo né rischioso, sia il motivo per cui il cittadino accede alla struttura. È il caso di visite mediche, prelievi ematici e biologici in generale (tranne che per le finalità soggette a disciplina specifica), medicazioni, prescrizione di farmaci (tranne anche qui i casi soggetti a disciplina specifica) ecc. Le prestazioni che necessitano di apposito consenso espresso in forma scritta sono quelle di tipo invasivo, quali interventi chirurgici, sia di tipo tradizionale che mininvasivo, le procedure anestesiologiche o di diagnostica invasiva, di radiologia diagnostica o interventistica, con o senza impiego di mezzi di contrasto, trattamenti farmacologici ad alto rischio (ad esempio chemioterapia) o radioterapici, etc. Le norme prevedono, inoltre, il consenso informato per specifici trattamenti e procedure. Tra queste si annoverano la trasfusione di sangue e derivati, l’accertamento diagnostico dell’HIV, la donazione di tessuti e di organi tra persone viventi, la procreazione assistita, l’interruzione volontaria di gravidanza, etc. In talune situazioni particolari l’acquisizione del consenso al trattamento sanitario deve essere adattata secondo le vigenti disposizioni. È quanto avviene per il paziente minorenne, interdetto o incapace, oppure sottoposto ad amministrazione di sostegno. In presenza di stato di necessità o di urgenza, nel caso in cui la persona interessata non sia in condizioni di esprimere la sua volontà, o non è presente chi per lui potrebbe validamente esprimerla (genitore, tutore ecc.), i sanitari possono procedere agli interventi ritenuti indifferibili e imprescindibili. Last but not least, il consenso espresso, ed è bene che i cittadini ne siano al corrente, può essere revocato in qualsiasi momento dal soggetto o dall’avente diritto.
Dott. Tommaso Mannone
Risk Manager Ospedali Riuniti Vlla Sofia Cervello
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