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Ipertensione


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CHE COS’È L’IPERTENSIONE?

L’ipertensione arteriosa si definisce come un aumento dei valori pressori attesi per un determinato soggetto. Questo significa che in diverse classi di soggetti (bambini, adulti o anziani) ci si aspetta di trovare valori pressori mediamente differenti; tuttavia, per facilitare l’iter diagnostico e terapeutico, si sono definiti dei valori limite oltre i quali si può effettivamente parlare di ipertensione:

  • pressione sistolica ≥140 mmHg;
  • pressione diastolica ≥90 mmHg.

Per pressione sistolica si intende quella comunemente nota come “massima”, cioè la pressione generata dalla contrazione cardiaca per immettere il sangue nell’aorta, viceversa per pressione diastolica si intende la pressione “minima” generata dal rilassamento del muscolo cardiaco e dal riempimento ventricolare.

I fattori coinvolti nella determinazione della pressione arteriosa sono due:

  • la volemia, cioè la quantità di sangue presente nel nostro organismo;
  • le resistenze periferiche generate dalle arterie.

Quanto più sangue ci sarà all’interno dell’organismo e quanto più strette saranno le arterie, tanto più alta risulterà la pressione arteriosa.

DIFFUSIONE E TIPOLOGIE DI IPERTENSIONE

Si stima che la prevalenza dell’ipertensione arteriosa riguardi il 30-45% della popolazione globale. La patologia colpisce entrambi i sessi, insorgendo però in età più precoce negli individui di sesso maschile, e aumenta con l’aumentare dell’età.

Esistono due tipi di ipertensione arteriosa:

  • ipertensione primaria o essenziale (definita anche idiopatica in quanto non è riconosciuta una causa univoca che la determina), che colpisce molti adulti e tende a svilupparsi gradualmente con l’età;
  • ipertensione secondaria ad altre condizioni, che possono essere patologie cardiache o extracardiache (per esempio sindrome delle apnee ostruttive durante il sonno, patologie renali, patologie tiroidee, difetti congeniti dei vasi arteriosi), terapie a base di determinati farmaci (pillola anticoncezionale, decongestionanti e farmaci antidolorifici) o assunzione di sostanze stupefacenti e alcol. In questo caso l’ipertensione insorge improvvisamente e con valori pressori più elevati rispetto alla tipologia precedente ma, rimuovendo l’agente patogeno che ne è alla base, si risolve anche la sintomatologia ipertensiva.

QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO?

C’è sicuramente una serie di fattori di rischio che predispongono allo sviluppo dell’ipertensione:

  • familiarità;
  • età e sesso: si è evidenziato che gli uomini tendono a sviluppare ipertensione intorno ai 45 anni, mentre le donne più tardivamente (verso i 65 anni) probabilmente a causa dei cambiamenti ormonali dovuti alla menopausa;
  • squilibri elettrolitici, prevalentemente di sodio e potassio: un aumentato apporto di sodio dovuto al consumo di cibi molto salati incide fortemente sull’aumento della volemia e, di conseguenza, della pressione arteriosa e, al contempo, un ridotto apporto di potassio non è in grado di controllare i valori di sodio;
  • diabete;
  • sovrappeso e obesità a causa dell’aumentata richiesta di ossigeno da parte dei tessuti;
  • fumo di sigaretta: le sostanze nocive in essa contenute possono danneggiare le pareti dei vasi arteriosi e determinare un restringimento del loro lume;
  • stress: in questo caso vi è una forte correlazione con la secrezione di adrenalina, che ha l’effetto di incrementare la contrazione cardiaca e la tensione delle pareti arteriose. Anche lo stress emotivo di effettuare una visita medica può comportare un aumento della pressione, ecco perché è stata coniata l’espressione “ipertensione iatrogena” o “sindrome da camice bianco”;
  • sedentarietà: predispone ad un aumento dei battiti cardiaci e può portare a sovrappeso.

Questi ultimi rappresentano fattori di rischio per tutte le patologie cardiovascolari, tuttavia possono essere facilmente eliminati con l’adozione di un corretto stile di vita.

SINTOMI

Nella stragrande maggioranza dei casi questa condizione si presenta come del tutto asintomatica, in quanto l’organismo sottoposto ad elevati valori pressori per un periodo di tempo molto lungo, anche di molti anni, è in grado di adattarsi senza destare alcun tipo di segnale nel paziente.

Talvolta, però, soprattutto in pazienti affetti da ipertensione secondaria, si possono avere manifestazioni sintomatologiche, seppure del tutto aspecifiche:

  • mal di testa;
  • vertigini;
  • epistassi (sanguinamento dal naso);
  • dispnea (respiro corto o difficoltà nel respiro);
  • problemi visivi.

COMPLICANZE

L’ipertensione arteriosa è una condizione clinica che può portare a complicanze severe, soprattutto a carico del sistema cardiovascolare, dovute al continuo stress emodinamico che il cuore e le pareti dei vasi sono costretti a sopportare e a cui sono costretti ad adattarsi.

L’aumento della pressione arteriosa, infatti, è interpretato dal cuore come un aumento del carico da vincere per poter immettere il sangue nell’aorta e, per questo, esso è costretto a contrarsi con molta più forza. Per sviluppare tutta la forza di cui ha bisogno, la parete del ventricolo sinistro va incontro a una progressiva ipertrofia (ispessimento) determinando al contempo una riduzione della cavità ventricolare sinistra (che sarà progressivamente occupata dalla parete muscolare) e un aumento della richiesta di ossigeno.

Le peggiori complicanze di questo fenomeno sono quindi lo sfiancamento della parete, che supera il limite massimo della forza che può sviluppare, e l’ischemia cardiaca, che può in seguito evolvere in infarto del miocardio.

A questi eventi tipicamente cardiaci si possono aggiungere complicanze vascolari come gli aneurismi: dilatazioni dei vasi dovute a uno sfiancamento della parete che è sottoposta a uno stress pressorio troppo elevato.

L’ipertensione aumenta globalmente anche il rischio di ictus ischemico.

DIAGNOSI DELL’IPERTENSIONE

La diagnosi di ipertensione si effettua grazie a misurazioni, casalinghe o ambulatoriali, della pressione arteriosa con uno strumento chiamato sfigmomanometro. A queste misurazioni possono essere affiancati degli esami di laboratorio (esame delle urine con eventuale microalbuminuria, azotemia, creatininemia, potassiemia, calcemia ecc.). Il medico può anche prescrivere un monitoraggio Holter per controllare la pressione arteriosa delle 24 ore e valutare se si verificano picchi pressori in occasione di particolari momenti della giornata o di particolari attività (ad esempio sforzi fisici). A seconda dei valori ottenuti si possono distinguere:

  • pressione normale: ≤120/80 mmHg;
  • periipertensione: sistolica compresa tra 120 e 139 mmHg
  • diastolica compresa tra 80 e 89 mmHg;
  • ipertensione di tipo 1: sistolica compresa tra 140 e 159 mmHg
  • diastolica compresa tra 90 e 99 mmHg;
  • ipertensione di tipo 2: sistolica ≥160 mmHg
  • diastolica ≥100 mmHg.

Si può anche verificare un aumento della sola pressione di tipo sistolico, soprattutto in soggetti che superano i 60 anni d’età.

PREVENZIONE

Prima ancora di cominciare un trattamento farmacologico è consigliabile adottare corretti stili di vita.

È fondamentale seguire una dieta povera di sodio (che prevede l’eliminazione di sale discrezionale aggiunto ad altri alimenti e il controllo del quantitativo di sodio contenuto in alimenti preconfezionati) in modo tale da mantenere i livelli di assunzione al di sotto di 1,5 mg in persone con età superiore a 51 anni o che manifestano già ipertensione, diabete o altre patologie croniche, o al di sotto di 2,3 mg in persone giovani e in buona salute.

Parallelamente alla dieta iposodica è necessario praticare attività fisica con regolarità (per prevenire il rischio di sovrappeso e patologie ad esso correlate), eliminare il fumo di sigaretta e cessare l’assunzione di alcol. Molta attenzione va anche prestata ai farmaci e alle sostanze che, come detto, possono determinare l’aumento dei valori pressori (ad esempio i cortisonici, i contraccettivi orali, i FANS, le sostanze stupefacenti). È bene inoltre sapere che anche il consumo di liquirizia può indurre un aumento della pressione arteriosa.

TERAPIA

L’individualizzazione della terapia è importante sia per ottenere migliori risultati e minori effetti collaterali nel paziente, sia per diminuire il rischio che quest’ultimo non aderisca alla terapia prescritta. La scarsa aderenza del paziente (o compliance) rappresenta infatti un problema rilevante, anche se spesso sottovalutato.

La scelta del farmaco antiipertensivo va individualizzata per ogni paziente a seconda dell’età, della severità dell’ipertensione e delle eventuali malattie associate (ad esempio sindrome metabolica, diabete, malattie renali ecc.).

 

di Redazione

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