Dalla depressione, così come da molte altre malattie psichiatriche, oggi si può guarire, ma l’Italia è fanalino di coda per le cure.
Solo il 17% dei pazienti depressi è trattato in modo adeguato, contro una media europea del 23%.
È questa l’allerta lanciata dalla Società italiana di psichiatria (Sip) in occasione del congresso nazionale in corso al Lingotto di Torino.
Un fenomeno, quello del ‘Tratment gap’ – ovvero la distanza fra ciò che potrebbe essere fatto e ciò che realmente si fa per la cura dei disturbi mentali – su cui fa luce un grande e recente studio internazionale condotto dall’Organizzazione mondiale della sanità in 21 Paesi: emerge che solo solo il 23% delle persone affette da depressione maggiore nei paesi ad alto reddito (e solo il 2% in quelli a basso reddito) riceve un trattamento rispondente a criteri minimi di adeguatezza.
Nello studio è stimato che in Italia soffra di depressione maggiore circa il 3% della popolazione e circa la metà di queste persone non aveva percepito la propria depressione come una patologia da curare. Per questo, affermano gli psichiatri, “dal 2013 stiamo cercando di stimolare le Istituzioni per dare il via a una campagna nazionale contro la depressione.
Ci auguriamo che questa fase politica possa consentirci di realizzarla”. Ma gli esperti mettono in guardia anche su un altro aspetto, perché la depressione “non è mai sola”: l’interazione con altre malattie, affermano, è, infatti, un ulteriore rischio perché infarto, ictus, diabete, malattie neurologiche e oncologiche sono in grado di far ‘schizzare’ i normali tassi di prevalenza di depressione dal 5% fino al 40%.
E vale anche il processo inverso: soffrire di depressione maggiore è un fattore di rischio di sviluppo delle stesse patologie. Tanto che la depressione aumenta, ad esempio, la probabilità d’infarto di circa 3 volte rispetto a persone che non ne sono affette.
Redazione