Le tecniche di rilassamento, quali la meditazione, riducono la pressione del sangue, modificando l’attività di migliaia di geni.
Lo rivela una ricerca condotta presso il Beth Israel Deaconess Medical Center (BIDMC) e Massachusetts General Hospital (MGH) di Boston.
Questa ricerca è stata, poi, pubblicata sul Journal of Alternative and Complementary Medicine.
I ricercatori Usa hanno identificato i geni, la cui attività varia dopo otto settimane di training di rilassamento.
Si tratterebbe di geni legati al funzionamento del sistema immune, al metabolismo, ai ritmi circadiani, con un impatto significativo sulla riduzione della pressione del sangue.
“Tradizionalmente l’ipertensione è trattata con farmaci ma non tutti i pazienti rispondono alle terapie e per molti di loro gli effetti avversi sono troppo limitanti per continuare le cure farmacologiche”, spiega l’autore del lavoro Randall Zusman.
Per questi pazienti “strategie alternative sarebbero impagabili e nel nostro studio abbiamo visto che le tecniche di rilassamento sono efficaci nel ridurre la pressione del sangue in pazienti ipertesi che non stano assumendo medicine”.
Gli esperti hanno coinvolto 58 pazienti ipertesi, che non assumevano farmaci o ne avevano sospeso l’assunzione per diverse settimane prima dello studio.
Per otto settimane tutti hanno preso parte a lezioni settimanali su tecniche di rilassamento (ad esempio respirazione diaframmatica, meditazione, ripetizione di mantra etc) da ripetere ogni giorno a casa con un’audioguida.
Parte di loro dopo le otto settimane presentava una riduzione considerevole della pressione, sotto i limiti di riferimento (140/90 mm Hg).
Con prelievi di sangue si è analizzata l’attività genica dell’intero campione.
È emerso che coloro che avevano visto ridursi notevolmente la pressione, presentano cospicue variazioni nell’attività di quasi 2000 geni principalmente legati al metabolismo e al sistema immunitario.
Lo studio dimostrerebbe, così, l’efficacia di un’alternativa potenzialmente valida ai farmaci, spiegando anche i ‘meccanismi d’azione’ in atto.
Invece, un altro studio, condotto dall’Appalachian State University di Kannapolis e pubblicato sulla rivista Plos One, dimostrerebbe che mangiare una banana durante l’attività fisica può essere una buona alternativa agli sport drink.
Rispetto a queste bevande, ha, infatti, un’azione anti-infiammatoria uguale se non maggiore, riduce lo stress muscolare e non è artificiale.
I ricercatori hanno messo a confronto gli effetti cellulari dei carboidrati consumati durante l’attività sportiva.
Quello più digeribile e portatile è lo zucchero, che gli atleti spesso assumono con gli sport drink, che però non sono sostanze presenti in natura, ma fabbricate usando aromi e sostanze chimiche che per alcune persone sarebbe meglio evitare.
Hanno così chiesto a 20 ciclisti professionisti, maschi e femmine, di completare un percorso di 75 chilometri in bicicletta, in cui gli hanno fatto bere solo ad acqua.
In altre corse, oltre all’acqua potevano bere sia acqua che un po’ di sport drink o mangiare mezza banana ogni 30 minuti.
Nel mentre gli hanno prelevato il sangue prima, subito dopo e anche 45 ore dopo la corsa. Come previsto, con la sola acqua i livelli dei marcatori infiammatori nel sangue erano alti, mentre erano molto più bassi con la frutta o gli sport drink.
I farmaci antinfiammatori, come l’ibuprofene, funzionano inibendo proprio questi geni ed enzimi, e la banana agisce in modo simile.
Redazione