Un cortocircuito che spegne il cuore, stroncando giovani nel pieno della vita fulminati all’improvviso, magari sotto i riflettori di una partita di calcio.
E’ la sindrome di Brugada, fra le prime cause di morte improvvisa, protagonista di uno studio pubblicato sul ‘Journal of the American College of Cardiology’ dal team di Carlo Pappone dell’Irccs Policlinico San Donato, nell’hinterland di Milano.
Nel lavoro, l’aritmologo ‘elettricista del cuore’ svela il meccanismo all’origine della Brugada: una bomba a orologeria che lo specialista è riuscito a disinnescare grazie a un intervento descritto nel 2015 su ‘Circulation EP’ insieme a Josep Brugada, che nel 1992 con il fratello Pedro definì e prestò il cognome alla malattia.
Il nuovo lavoro indica che, “indipendentemente dai sintomi, la patologia è presente sin dall’infanzia sulla superficie epicardica del ventricolo destro”. Più precisamente, ‘abita’ in “gruppi di cellule elettricamente anomale” che formano come delle “isole malate circondate da tessuto sano”.
Queste aree hanno “caratteristiche estremamente variabili per gravità” e sono organizzate in strati concentrici: “Una cipolla – è la metafora usata da Pappone – con un cerchio centrale caratterizzato da cellule più aggressive e predisposte a generare un arresto cardiocircolatorio”.
La dimensione delle ‘isole’ difettose può andare da 1 a 25 centimetri quadrati, o anche di più. Ma basta un’area anomala di 4 cm quadrati per sviluppare un’aritmia potenzialmente letale.
Le ‘cellule Burgada’, chiariscono gli autori dello studio già online su ‘Jacc’, “sono elettricamente anomale perché programmate da un’alterazione genetica che compromette il funzionamento dei canali del sodio, fondamentali per la corretta cooperazione e integrità elettrica delle cellule”.
Da paziente a paziente “le anomalie variano in estensione e distribuzione, caratterizzandone il rischio di morte improvvisa.
La probabilità di generare aritmie fatali, e quindi di provocare la morte improvvisa, dipende sia dalla dimensione del substrato elettrico anomalo sia dal grado di compromissione dei canali del sodio delle cellule che lo compongono”.
Il lavoro suggerisce inoltre che “il rischio di sviluppare aritmie ventricolari potenzialmente fatali è presente per tutta la vita”.
Per la nuova ricerca “sono stati arruolati sia pazienti sopravvissuti a un arresto cardiaco sia pazienti con sintomi sfumati – riferisce Pappone –
In entrambi i gruppi, le isole di tessuto anomalo sono risultate piuttosto simili quando sollecitate dalla somministrazione di ajmalina, farmaco che simula in laboratorio ciò che può accadere durante la vita di queste persone: cellule dormienti che all’improvviso, con una febbre in corso oppure dopo pasto abbondante o durante il sonno, possono ‘esplodere’ generando la completa paralisi elettrica del cuore con conseguente arresto e morte improvvisa”.
Dallo studio emerge che “i sintomi e l’elettrocardiogramma non sono sufficienti da soli a identificare i pazienti a rischio – avverte l’esperto – poiché spesso il primo sintomo può essere la morte improvvisa e in circa i due terzi dei casi l’elettrocardiogramma è completamente normale”.
Gli autori evidenziano perciò “l’importanza dello studio elettrofisiologico, della mappatura del cuore e dell’utilizzo dell’ajmalina per smascherare quelle parti di tessuto cardiaco che, in circostanze imprevedibili, possono innescare l’aritmia ventricolare che determina la morte improvvisa”.
Presso l’Aritmologia del San Donato, ricordano dall’Irccs capofila dell’omonimo gruppo ospedaliero, “sono state sviluppate tecnologie innovative in grado di effettuare una mappatura del cuore estremamente accurata”.
Da un lato esiste “un software capace di riconoscere in modo automatico la distribuzione delle aree anomale”.
Dall’altro, ci sono “particolari sonde che emettono impulsi di radiofrequenza e che, come fossero un pennello, ‘ripuliscono’ la superficie anomala del ventricolo destro rendendolo elettricamente normale”. Fra le altre cose, precisa infatti l’esperto, il nuovo studio “evidenzia la possibilità di eliminare le isole di tessuto elettricamente anomale utilizzando delle onde di radiofrequenza di breve durata, con lo scopo di riportare a un corretto funzionamento elettrico le cellule” difettose.
“Sino ad ora – riporta lo specialista – 350 pazienti sono stati sottoposti a tale procedura, mostrando la completa normalizzazione dell’elettrocardiogramma anche dopo la somministrazione di ajmalina.
Inoltre, nessuno di loro ha presentato alcun sintomo o aritmie ventricolari“. Oggi, con questa pubblicazione scientifica – conclude il medico – si mette un punto fermo in un lungo dibattito sulla modalità di individuare i pazienti a rischio di morte improvvisa, una volta effettuata la diagnosi. Finalmente, ciò che veniva considerata una falsa speranza può considerarsi realtà: oggi, eliminando le anomalie elettriche del cuore, è possibile prevenire la morte improvvisa in giovani pazienti affetti dalla sindrome di Brugada e salvare quelli con ripetuti arresti cardiaci altrimenti non trattabili”.
Redazione