La Sicilia è ricca di acque, ma il suo uso è pessimo e gli enti gestori non ne migliorano la qualità, mentre il deserto avanza velocemente.
L’acqua è un bene prezioso, ma il suo abuso negli ultimi 50 anni in Sicilia così come nel mondo ne ha depauperato la quantità rendendola al contempo peggiore.
Scarichi industriali indiscriminati, inquinanti sempre più sofisticati, privatizzazione spinta, pessima amministrazione e scarsi controlli statali hanno determinato una situazione idrica delicata, cui si somma la progressiva desertificazione naturale.
L’acqua e i suoi problemi di gestione, di depurazione e di organizzazione sono stati discussi in un recentissimo seminario tenutosi a Palermo presso la presidenza regionale.
Il seminario è stato promosso dal Forum siciliano dei movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni, in collaborazione con la Consulta per la Pace del Comune di Palermo.
L’obiettivo era di mettere a confronto gli attori istituzionali con i comitati civici, le associazioni ed i cittadini che si battono per la difesa del diritto all’acqua.
Finora, le autorità preposte non si sono dedicate a trovare una soluzione ai numerosi problemi presenti in Sicilia, come le tubature che perdono, il pessimo stato delle dighe mai collaudate ufficialmente che non possono così raccogliere tuta l’acqua potenziale.
Eppure, l’uso razionale delle acque è possibile eliminando parte dei dannosi dispendi che avvengono. Oggi, gli invasi possono anche produrre energia elettrica attraverso i pannelli fotovoltaici sistemati sopra le acque delle dighe, che impediscono così il proliferare della vegetazione.
In realtà, l’acqua siciliana è in mano a privati fin dai tempi del Governo Cuffaro, ma i servizi resi alla cittadinanza non sono stati vantaggiosi, anzi si sono tradotti in costi elevati a fronte di un servizio carente.
In Sicilia, c’è già una legge, la n. 19/2015, che ha incorporato una parte sostanziale delle richieste dei cittadini espresse in un referendum alcuni anni fa.
Questa legge prevede che le Istituzioni e i comitati civici avrebbero assunto maggiori poteri di contrattazione nei confronti dei soggetti privati gestori delle fonti idriche.
Il miglioramento dei servizi è anche auspicabile a causa della diminuzione delle piogge in corso da decenni. Il deserto del Sahara non è lontano e i suoi effetti si fanno sentire, con la presenza di anticicloni africani assai caldi fuori stagione.
Se si aggiungono le reti idriche carenti che fanno perdere il 42% dell’acqua, si comprende che non si può attendere oltre, anche perché l’agricoltura di qualità necessita di acqua buona seppur in minore quantità.
Poi, le reti fognarie sono un altro problema, poiché gli impianti di depurazione funzionanti sono pochi e i liquami finiscono nei fiumi, inquinando le coste.
L’Italia, a questo proposito, ha già ricevuto due condanne per inadempienza sul sistema delle reti fognarie e trattamento delle acque reflue da parte della Corte di Giustizia europea.
La Commissione europea, di fronte all’immobilismo dei Governi, ha chiesto alla Corte di Giustizia di imporre sanzioni pecuniarie.
Così, l’Italia dovrà versare 68 mila euro come somma forfettaria e 347 mila euro al giorno dal pronunciamento della sentenza fino all’adozione degli opportuni provvedimenti.
Per impedire altre storture, i promotori del seminario auspicano di poter intervenire nella stesura di una nuova carta dei servizi che accolga gli standard minimi previsti dalle autorità preposte.
Francesco Sanfilippo