Il termine amputazione si presta a diverse definizioni, tra queste: resezione del segmento distale di un arto ottenuta sezionando lo scheletro nella sua continuità, rimozione di una parte del corpo o di tessuto in seguito ad trauma o intervento chirurgico, o perdita completa di un segmento anatomico per distacco dal resto del corpo.
Questo è il modo tecnico necessario di spiegare cosa è l’amputazione di un arto, ma cosa significa veramente?
Solo chi vive un dramma di questo tipo potrebbe davvero spiegarlo, e forse un normodotato non riuscirebbe mai a capirlo fino in fondo perché sa cosa significa avere le braccia e le gambe, ma non sa cosa significa vivere senza uno o più dei quattro arti.
Perdere un arto significa perdere definitivamente la possibilità di espletare tutte le funzioni ad esso collegate.
Nel caso dell’arto superiore significa perdere la possibilità di prendere gli oggetti e quindi esplorare il mondo circostante, di esprimere se stessi e la propria personalità attraverso la gestualità o tramite un gesto finalizzato.
Nel caso dell’arto inferiore significa perdere la funzione del cammino con annesse conseguenze: alterazione della possibilità di correre, praticare alcuni sport, andare in moto o almeno non come prima. Spesso si perde la possibilità di essere autonomi o indipendenti.
Infatti, un uomo che può scegliere quale azione fare, in quale momento e perché, sarà un uomo autonomo che si sentirà anche libero. In sintesi, cambia lo stile di vita, ma il paziente amputato non vuole e non deve sentirsi diverso.
Tutte le volte che una persona mi contatta perché richiede il mio intervento professionale, tento di mettere in pratica la filosofia lavorativa frutto della mia formazione generale, misto di concetti ed esperienze.
Non ho davanti un “paziente”, ma un essere umano che potrebbe essere mio padre o un qualunque componente della mia famiglia, un fraterno amico…o potrei essere io stessa.
Allora come vorrei che fosse trattata una persona a me cara? O quali attenzioni vorrei ricevere se mi trovassi a vivere uno degli eventi più traumatici e demolitivi che la vita può mettere davanti dal punto di vista fisico come l’amputazione?
Così in quel momento mi ricordo che non esistono pazienti, ma persone…ognuna con la propria storia e le proprie difficoltà.
Questo mi porta a voler ascoltare le vicissitudini che una dietro l’altra hanno condotto alla perdita di uno o più arti come un incidente, un’ulcerazione non guarita, un’osteomielite, il diabete, una patologia vascolare che spesso ha dietro anni di lavoro intenso senza mai fermarsi neanche in pausa pranzo (perché “tanto quel dolore alla gamba prima o poi passerà, magari con una bustina”).
Vanno annoverati anche il fumo (perché ”so che dovrei smettere ma sono stanco e stressato e devo macinare giorno e notte per portare avanti la mia famiglia e allora se tolgo la sigaretta che altri sfoghi ho?”), stile di vita scorretto.
Perché tutto questo? Diciamolo che il sistema non ti aiuta a mantenere sane abitudini ma ti chiede di spendere per perdere salute e poi rispendere per recuperarla.
Rita Abbate