La felicità è uno dei nostri più potenti sentimenti, che dipende dalla capacità di amare nelle dovute forme. Si cerca ciò che dà soddisfazione, ciò che comunemente si dice “rende felici”.
La felicità deriva dall’amare qualcosa o qualcuno, non dal potere, non dal denaro e non dallo status.
La persona felice è ricca di hobby, è appagata, si fida di sé e degli altri ed è gioiosa più di ogni altra persona, perché sta bene con se stessa, con il mondo e con il destino.
Non ricerca qualcosa, perché già l’ha o l’ha ottenuta, non cova rabbia, che è alimentata dal senso di colpa. Non vi è posto per il nervosismo e per la fretta ossessiva, gli spazi ed il tempo sono l’ambiente che porta all’incontro e che crea ponti, non muri.
Nel parlare spontaneo quotidiano, ma anche nella cultura, l’amore e la felicità vengono posti al punto più alto della esperienza umana, perché testimoniano la capacità di amare, di entrare in relazioni buone, caratterizzate da gratuità e sorpresa.
Sebbene la felicità sia essenzialmente legata alla relazione, possiede anche quella spinta entusiasta che rende l’azione meno pesante.
La felicità è un’emozione secondaria, cioè è conseguenza di un’emozione primaria: la filia. Cercare la felicità, infatti, è cosa priva di senso.
Come non si può cercare la soddisfazione, ma ciò che dà soddisfazione. Così, per essere felici, si devono creare quelle relazioni affettuose, amorose e belle che generino la felicità, che da queste discende.
Un grossolano errore è pensare che la felicità discenda dal successo, dal possesso o dal potere, i quali invece possono solo regalare piacere, soddisfazione e anche gioia, non certo la felicità che discende dall’amare.
La felicità ha il potere di rinforzare la filia ed inibire la rabbia, mentre il contrario senso di colpa potenzia la rabbia ed il malessere ed inibisce la filia. La felicità segnala una relazione positiva ed integra, mentre la colpa indica la rottura e la difficoltà relazionale.
La felicità, assieme alle emozioni di area specifica, come la serenità, la contentezza, la letizia, il gaudio ecc., non gode di grande successo nella lingua italiana. Infatti, essa occupa appena il 5% del lessico emotivo italiano, con appena 49 termini, cioè la più bassa categorizzazione emotiva.
Tutto questo ci racconta di un’esperienza esigua e sporadica di tale emozione, che potrebbe essere il segno di una relazione normalmente conflittuale ed insoddisfacente.
Ci rimanda ad interazioni normalmente sospettose, poco fiduciose e per niente innocenti. Il discrimine fondamentale del sistema della relazione sta nel cuore dell’innocenza, in quell’essere in-nocens, semplicemente non nocivi, dentro una relazione in cui si espande un’affettuosità serenamente volta al bene, mai ostile e men che meno distruttiva.
Nel qual caso la felicità segnala il distendersi di una relazione efficacemente buona e ricca di senso, dentro un flusso interiore armonioso, derivante da una visione esistenziale nella quale si sono integrati i vari sistemi, determinando un rapporto con gli eventi e con il mondo innocente.
La felicità, infatti, si fonde ad un sentimento positivo del destino, che per chi ha fede è un sentirsi in consonanza con Dio, mentre per tutti è un essere in pace con se stessi, con gli altri e con il mondo.
Gli input specifici della felicità sono tutti quei fatti che segnalano una relazione profonda, la quale si traduce in un sentire ricco di senso, di significati e di finalità, al punto che lo spirito si senta appagato ed illuminato.
Il criterio che guida e certifica la felicità è il sentirsi dentro un flusso relazionale rispettoso, buono, coerente e significativo, un essere nell’amore e nella giustizia, che nasce dalla risposta positiva alle fondamentali domande:
È giusto? È bene? È bello? Ha significato?
Tutto questo si traduce in un’espressione relazionale sorridente, pacata e serena, un incedere a volte esuberante e gioioso ed altre fluidamente lento.
Non vi è posto per il nervosismo e per la fretta ossessiva.
Gli spazi ed il tempo sono l’ambiente buono dell’incontro, mai dello scontro.
La felicità è sempre un potente generatore di comportamenti fluidi e d’interazioni efficaci. La felicità è sorridente, è pacata, chiede chiarezza e si nutre di limpidezza, perché è trasparente e dentro un lasciarsi vivere innocentemente.
La felicità nutre l’ottimismo della volontà e della speranza.
La felicità è empatica, compassionevole e il suo segreto è l’amore e il perdono. La felicità potenzia ed è potenziata da ogni altra emozione positiva, ma è anche una potente medicina contro il dolore quando riesce a dargli un significato, come fa la madre, per esempio, nel dolore del parto.
L’affermazione giusta è dire:
“Se vuoi essere felice, cerca l’amore”.
La persona felice è ricca di propensioni, è appagata, si fida di sé e degli altri ed è gioiosa più di ogni altra persona, perché sta bene con se stessa, con il mondo e con il destino.
Carluccio Bonesso
Presidente SIT