Si è svolta, di recente, la giornata nazionale dedicata alla malattia di Parkinson, sempre più diffusa. Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa gestita dal neurologo e causata dalla progressiva morte delle cellule nervose (neuroni) situate nella cosiddetta sostanza nera.
Questa è una piccola zona del cervello che, attraverso il neurotrasmettitore dopamina, controlla i movimenti di tutto il corpo.
Chi ha il Parkinson, proprio per la progressiva morte dei neuroni, produce sempre meno dopamina, perdendo il controllo del suo corpo.
Arrivano così tremori, rigidità, lentezza nei movimenti. Studi epidemiologici hanno dimostrato che l’esposizione a fattori quali pesticidi e metalli pesanti aumenta il rischio di sviluppare la malattia. Tuttavia, si è notato che nel 20% dei pazienti con precedenti di Parkinson in famiglia il gene difettoso è stato, infatti, identificato.
Un importante sistema preposto alla detossificazione e alla pulizia delle proteine dannose per il cervello è quello dell’ubiquitina-proteasone che le ricicla in aminoacidi riutilizzabili.
Se questo sistema s’inceppa o funziona male, come sembra succedere nel Parkinson, le proteine tossiche possono accumularsi bloccando il corretto funzionamento delle cellule dopaminergiche.
Oggi, l’età d’esordio del Parkinson si fa, infatti, sempre più giovane, poiché la scienza è, oggi, in grado di porre una diagnosi ai primi sintomi, quando la malattia è ancora in fase precocissima.
Ad esempio, un paziente su 4 ha meno di 50 anni, il 10% ha meno di 40 anni. Inoltre, s’ipotizza che mediamente, rispetto al momento della prima diagnosi, l’inizio del danno cerebrale sia da retrodatare di almeno 6 anni.
Quindi, l’immagine che la malattia riguardi solo le persone anziane, non corrisponde più alla realtà. Il Parkinson, poi, coincide, nell’immaginario collettivo, con il tremore che colpisce soprattutto una mano del paziente.
Il tremore non è, invece, il sintomo più significativo per la diagnosi, anche se rimane fra i più appariscenti. Più importante è quello che si esprime nella lentezza dei movimenti la rigidità muscolare e l’instabilità posturale.
Soffrire di Parkinson significa, però, avere anche dolore, problemi motori generali con perdita della stabilità, fino a subire frequenti cadute.
La malattia di solito inizia da un lato solo, con disturbi lievi e limitati agli arti, e progredisce lentamente nella maggior parte dei casi. La demenza compare nella fase avanzata e può riguardare il 20-25% dei parkinsoniani.
Ci sono dei sintomi che non hanno a che fare con il movimento come la depressione, più frequente nelle donne e in chi sviluppa il Parkinson prima dei 50 anni, e l’insonnia soprattutto disturbi del sonno in fase Rem. La diagnosi si basa essenzialmente sui sintomi.
Gli esami strumentali possono essere utili per escludere numerose altre patologie che possono avere gli stessi sintomi della malattia, pur avendo cause differenti. Esami particolari come Spect e Pet possono confermare la diagnosi.
Redazione