La paura è l’emozione sicuramente più indagata e studiata sotto ogni punto di vista ed è diametralmente opposta alla fiducia.
Non si deve dimenticare l’aspetto adattivo di sfuggire rapidamente al pericolo ed abituarsi a tenersi lontani e ad evitarlo in futuro.
La sensazione è caratterizzata da forte spiacevolezza e dalla spinta ad evitare qualcosa che appare rischioso, segnalato da un allarme interno al cervello che arriva al corpo.
Questo meccanismo è talmente forte che può attivarsi anche in presenza di un evento inaspettato, seguito dall’automatica risposta di trasalimento, di evitamento e protezione.
Quando si è attaccati alcuni gesti, come il coprirsi il volto, l’abbassarsi o il proteggere la pancia, scattano automaticamente.
La paura è essenzialmente antitropica e sempre antiedonica: è caratterizzata da grande tensione, che può sconfinare fino all’immobilità, e dalla focalizzazione sensoriale sulla minaccia per mettere in atto le strategie dell’evitamento e della fuga.
La spinta alla fuga è tanto maggiore quanto è più repentina la comparsa del pericolo, quanto è maggiore il danno immaginato e quanto è più alta la vicinanza reale o presunta dello stimolo pericoloso.
L’antiedonia della paura è data dalla preponderanza del sentimento di insicurezza che si accompagna alla sensazione negativa degli effetti psicofisiologici, come l’esser molto tesi, congelati (brividi di paura) e rimpiccioliti, al punto di desiderare di sparire.
Insieme alla spinta alla fuga è presente spesso anche il desiderio di investigare e capire la situazione per superare l’incertezza e il sentimento dell’ignoto collegato alla paura.
Nell’antiedonia intervengono anche gli aspetti legati alla forma, alla grandezza, al movimento, ai versi e alla espressione del pericolo attivante.
La specificità della paura è di far fronte agli input di oggetti e soggetti pericolosi con la motivazione di rispondere ai bisogni di sicurezza e sopravvivenza.
Le paure però, si possono apprendere e il condizionamento primario, a modo pavloviano, può essere all’origine di tante fobie. Vivere con persone piene di paure può portare alla condivisione e imparare ad attribuire qualità di pericolo a cose che non sono una reale minaccia.
L’imitazione e i neuroni specchio possono fare di questi brutti scherzi. Il criterio assiologico fondamentale è quello che discrimina e riconosce immediatamente il pericolo attraverso una valutazione abbastanza istintiva, ma anche culturale ed individuale: non tutti hanno le stesse paure, ma tutti fin da piccoli hanno paura del buio, dei rumori forti, dell’altezza e della solitudine.
La mancanza di sicurezza nasce dalla valutazione che quello che ci sta davanti:
“Non è bello! Non è buono! Non è sicuro! Non è affidabile! È pericoloso!”
Le sopracciglia alzate, gli occhi sbarrati, le pupille dilatate e la bocca aperta a forma d’O sono le espressioni più tipiche della paura e sono immediatamente riconoscibili da tutti in ogni cultura. I muscoli del viso sono in tensione e l’espressione può restare ferma per qualche istante.
L’espressione della paura genera a sua volta paura in tutte le specie studiate e sembra che la sua espressione abbia la doppia funzione di avvertire il gruppo della presenza di un pericolo e di chiedere aiuto.
Ogni specie ha le sue modalità caratteristiche per trasmettere a distanza lo stato di allarme ed il bisogno di aiuto. Nei momenti di grande ed improvvisa paura si attiva il sistema parasimpatico, che fa diminuire il battito cardiaco, riduce la tensione muscolare, abbassa la pressione del sangue e della temperatura corporea, fa dilatare le pupille e aumenta la sudorazione.
Si va verso la paralisi del sudore freddo e dell’incapacità a reagire in modo efficace con la fuga o con l’attacco. L’immobilità è sicuramente adattiva per quelli animali i cui predatori cacciano unicamente prede in movimento.
Paure meno forti ed improvvise attivano invece il sistema simpatico, per cui la tensione muscolare e il battito cardiaco aumentano, si rizzano i peli e aumenta l’afflusso del sangue ai muscoli, il quale consente all’individuo di reagire prontamente all’evento pericoloso.
Gli output più immediati della paura sono la fuga, il sospetto, i comportamenti di evitamento e gli atteggiamenti di contiguità territoriale, cioè quelli che pur nella vicinanza evitano ogni contatto.
La paura, che annida l’incertezza e l’insicurezza, tende ad inibire e a rallentare ogni attività produttiva, ogni intrapresa ed anche la progettazione: senza fiducia non si va da nessuna parte.
Anche la riproduzione in presenza di paura viene fortemente condizionata: nel pericolo gli animali sospendono il corteggiamento e l’accoppiamento. In mancanza di speranza presso gli uomini il tasso di natalità crolla. Infine anche ogni forma di gioco cessa con la comparsa della paura.
Dott. Carluccio Bonesso