L’osteoporosi resta una delle principali cause di morte a lungo termine negli anziani e la sua incidenza resta sempre molto elevata. Le facoltà di medicina non sono ancora preparate ad affrontare questa malattia e il 20% delle fratture non trova soluzione portando il paziente all’inoperosità.
Tenuto conto che la popolazione anziana sta aumentando esponenzialmente, tali problematiche diverranno un problema socio-economico di enorme portata, viste le risorse sempre più esigue per la sanità.
Eppure qualcosa si muove, poiché la Siomms ha ottenuto che queste patologie siano studiate con maggiore attenzione nelle università. Un esempio di ottima cura e assistenza dei pazienti viene dall’Anio e dalle officine d’Ippocrate.
I dati OsMed, Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali, rivelano un quadro inquietante.
Si considera che un milione e 200mila italiani si trovi in questa situazione, soprattutto anziani fragili che potrebbero mantenere in sicurezza lo scheletro e avere maggiori possibilità di autonomia con una terapia farmacologica adeguata.
L’allarme è stato lanciato da otto società scientifiche, Sie, Sigg, Simfer, Simg, Simi, Siommms, Sir e Siot, che hanno creato una Commissione che ha prodotto le nuove Linee Guida sulla gestione dell’osteoporosi e delle fratture da fragilità. Le società si sono impegnate a diffondere tra i 30 mila medici associati concetti scientifici moderni e indicazioni pratiche.
D’altronde, l’impatto economico di una patologia così diffusa resta molto elevato, poiché il costo per il trattamento delle fratture da osteoporosi passa oltre i 7 miliardi di euro all’anno, di cui ‘soltanto’ 360 mila per la prevenzione farmacologica secondaria. In Italia, l’impatto epidemiologico dell’osteoporosi è molto alto, secondo gli esperti in una conferenza stampa al Cnr.
Ne soffrono tre milioni e mezzo di donne e un milione di uomini. Poiché nei prossimi 20 anni la percentuale della popolazione italiana al di sopra dei 65 anni s’accrescerà del 25%, è plausibile attendere un proporzionale incremento dell’incidenza della malattia.
Nella popolazione ultracinquantenne, il numero di fratture di femore l’anno supera le 90.000, e, nel 2010 sono stati riportati più di 70.000 accessi al Pronto Soccorso per quelle vertebrali. Tuttavia, valutando che molte non sono diagnosticate, si ritiene che il loro numero complessivo sia di almeno 10 volte superiore.
Le fratture osteoporotiche, vertebrali e femorali, aumentano il rischio relativo di mortalità. Solo per quelle del femore, la mortalità è di circa 5-8 volte nei primi 3 mesi dall’evento, diminuendo nei successivi 2 anni, ma resta comunque elevato anche al follow-up a 10 anni. In questo senso, il lavoro svolto dalle Officine d’Ippocrate al Cto degli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello offre un esempio di collaborazione Istituzioni-associazioni.
I risultati ottenuti permettono di introitare risorse fondamentali per la tenuta dei conti dell’ospedale che li ospita e garantisce un’oasi specialistica nei riguardi di queste patologie in progressiva espansione. Tuttavia, molto lavoro resta da fare in ambito legislativo e di rete, poiché permangono alcune criticità di sistema nel sistema sanitario nazionale che vanno dimenticate quale la mancanza di reparti e personale preparato in misura sufficiente a fronteggiare quest’espansione.
Redazione