L’analisi degli esperti della piattaforma Top Doctors e i consigli della nutrizionista Marietta Parrinelli: «Poca carne e niente alcol per contrastare la decalcificazione»
Si sta studiando la possibilità di stampare strutture ossee personalizzate, per ricreare artificialmente la
struttura nativa, in modo quasi ‘sartoriale’. Robot chirurghi, simulazione e stampa in 3D, sono alcuni
dei trend e degli sviluppi tecnologici che più faranno discutere nel 2017 e nel prossimo futuro, secondo un’analisi degli esperti della piattaforma medica online Top Doctors. .
Molte imprese biomediche e farmaceutiche scommettono infatti su tecniche che permettono di accelerare la progettazione e lo sviluppo di prodotti, i trattamenti e i processi chirurgici basandosi su prototipi virtuali della soluzione finale.
In questo modo, infatti, è possibile valutare in anticipo gli esiti di interventi e trattamenti, moltiplicare
la possibilità di personalizzazione e il tasso di successo. Secondo il Medical Device Innovation Consortium (Mdic), il modello di analisi in silicio con l’ausilio di computer potrebbe rappresentare oltre il 50% dei trial clinici negli anni futuri. Quella della struttura ossea è uno dei settori che maggiormente protrebbe beneficiare da questo approggio “tecnologico”. In attesa che tutto questo prenda piede, si
può comunque far molto per ritardare l’invecchiamento osseo.
LO SCHELETRO… SENZA ARMADIO
«Il nostro scheletro – spiega la dottoressa di Sant’Agata Militello, Marietta Parrinelli – spesso, viene considerato come un mucchio di ossa che serve a tenere in piedi la carcassa del nostro corpo per tutta la vita e che questa parte, così poco “viva” all’apparenza, sia di secondaria importanza.
Stupirà sapere come la maggior parte dei problemi di salute della terza età, siano in rapporto diretto o indiretto con il calcio depositato nello scheletro già nei primissimi anni di vita . Il raggiungimento di un buon picco di massa ossea si ha nella seconda – terza decade di vita, e ci consente di ritardare il momento in cui si raggiunge la soglia di rischio per le manifestazioni patologiche dovute alla decalcificazione ossea legata all’invecchiamento».
La decalcificazione, infatti, è un effetto inevitabile del diventare vecchi ma, il tasso in cui avviene, varia da persona a persona in relazione allo stile di vita condotto. «I sintomi che indicano il rischio di
decalcificazione – continua Parrinelli, dietrologa e nutrizionista – sono: ricorrenti crampi notturni alle gambe, spessa placca dentaria, arretramento delle gengive, formazione di calcoli renali e modificazioni osteo-artritiche alle giunture ossee, con relativi dolori e ipersensibilità locale. Con l’invecchiamento,
l’organismo da una parte, perde la capacità di produrre gli ormoni che stimolano il riformarsi della
massa ossea e, dall’altra, aumenta gli ormoni che provocano il riassorbimento di calcio».
Per questa ragione con il passar degli anni, diventa ancora più importante prestare attenzione allo stile di vita, soprattutto all’alimentazione, al controllo del peso e all’attività fisica.
«La sedentarietà, infatti – continua Parrinelli – ma anche la diminuita esposizione alla luce solare, il sovrappeso, il fumo, l’eliminazione del latte o dei latticini, l’eccessivo consumo di carni, di alcool, di caffè, l’assunzione di pochi agrumi e il maggior consumo di cibi altamente raffinati, a basso contenuto di calcio e ricchi di fosforo, aumentano il rischio di decalcificazione, soprattutto nella donna dopo la menopausa, a causa della ridotta produzione di estrogeni.
I principi nutritivi essenziali per mantenere l’ integrità della struttura ossea sono il calcio, la vitamina D, il fosforo, il magnesio e il fluoro ma, soprattutto, il rapporto tra calcio e fosforo, che deve essere di una parte di calcio e una parte e mezza di fosforo.
Succede, invece, che il fosforo, occultato in molti cibi sotto forma di additivi come pirofosfati, polifosfati, solfati di sodio, fosfati di potassio o acido fosforico, altera questo rapporto aumentando la propria concentrazione a scapito del calcio che diminuisce.
Per questo motivo, diventa necessario imparare a leggere le etichette degli ingredienti contenuti negli alimenti». Ima come bisogna alimentarsi per aiutare la propria struttura ossea a reagire agli acciacchi del tempo? «Per combattere la decalcificazione ossea – consiglia la nutrizionista – , è necessario ridurre il consumo di carni e di bibite analcoliche, diminuire il consumo di cibi ricchi in grassi saturi( panna, dolci etc ) evitare i cibi raffinati, preferendo quelli integrali e aumentare al contempo l’apporto di calcio e di magnesio attraverso l’assunzione di un maggior consumo di latticini (latte, yogurt, formaggi magri, di frutta e verdura-almeno 5 porzioni) di pesce, di legumi, di cereali, di acqua, almeno 2 litri nelle 24 ore e, infine, praticare un costante esercizio fisico, che è bene svolgere all’aria aperta per almeno mezz’ora al giorno, così da consentire ai raggi solari l’attivazione della vitamina D».