Secondo il Financial Times, Facebook avrebbe bloccato la raccolta dei dati personali a scopi pubblicitari degli utenti di WhatsApp.
Il giornale inglese ricorda come, a fine agosto, fosse finita la nuova politica sul trattamento dati sensibili da parte di WhatsApp.
Quest’ultima coinvolgeva la condivisione dei dati personali dei suoi utenti con il social network, dietro il consenso sprovveduto dei titolari.
I dati personali, come il numero di telefono, sarebbero passati da WhatsApp a Facebook per scopi pubblicitari, attraverso messaggi promozionali mirati sulla bacheca degli utenti del social network.
Agli utenti WhatsApp, in realtà, era stato comunicato il cambiamento di policy e sono stati determinati trenta giorni di tempo per attivare o disattivare la funzione.
Tuttavia, il mese scorso in una lettera aperta indirizzata alla società incriminata, ventotto autorità per la protezione dei dati dell’Ue avevano criticato la pratica di raccolta dati.
Le società hanno chiesto di interrompere la condivisione degli stessi dati fino a quando la questione non fosse stata risolta dal punto di vista legale.
“Siamo lieti che Facebook abbia preso la decisione di mettere in pausa la raccolta dati di WhatsApp per pubblicità o per scopi di miglioramento del prodotto
– ha commentato Elizabeth Denham, Garante Privacy britannico –
C’erano forti preoccupazioni che i consumatori non fossero adeguatamente protetti e le indagini effettuate dal Garante hanno rafforzato questa convinzione.
Continuo a credere che agli utenti siano state date sufficienti informazioni su ciò che Facebook fa fare con le loro informazioni così come non credo che WhatsApp abbia mai ottenuto un valido consenso da parte degli utenti a condividere le informazioni”. Sebbene la sospensione sia stata confermata dall’Autorità per la Privacy irlandese, Facebook ha chiarito che i due servizi continueranno a condividere i dati degli utenti per motivi vari.
Quest’episodio riporta alla ribalta da un lato la necessità di proteggere la privacy di ciascuno.
Dall’altra, si ha un’altra conferma dell’enorme interesse che i dati personali hanno assunto per indirizzare comunicazioni pubblicitarie ai bisogni presunti dell’utente.
Redazione