L’allattamento è il sistema nutrizionale primo per i bambini appena nati, la cui durata il più a lungo possibile è auspicabile per la capacità del bambino di sviluppare le sue difese immunitarie. Per molto tempo questa pratia è stata abbandonata o sottostimata, dando la precedenza al latte artificiale. La capacità di non far rimpiangere l’abbandono della pratica si è rivelata un’utopia, a tal punto che il Ministero della Salute lo impone come pratica obbligatoria. Tuttavia, l’allattamento al seno è una pratica che può essere influenzata negativamente dal contesto lavorativo seppur le sue qualità restino indubbie? Secondo uno studio dell’University of Queensland, condotto dal dott. Ning Xiang, emergerebbe una situazione interessante. Infatti, lo studio, condotto dai ricercatori, ha riguardato l’analisi dei dati di 2.300 madri che hanno lavorato prima dell’arrivo dei figli. Dopo la loro nascita e fino ai 6 mesi di età, circa il 60% delle madri che lavorano non più di 19 ore alla settimana allattava ancora. Per fare un’analisi quanto più precisa possibile su come il lavoro influenza l’allattamento al seno, il dott. Xiang e i suoi colleghi hanno analizzato i dati partendo da un anno prima della nascita dei bambini e fino a circa un anno dopo il loro arrivo. Non sono state incluse le donne che in genere lavoravano meno di un giorno alla settimana prima di iniziare la gravidanza e le madri che non hanno mai allattato al seno i figli. È emerso che più le ore di lavoro aumentavano, più si abbassavano le probabilità di allattamento al seno. Così, il 47% delle donne che lavoravano dalle 20 alle 34 ore a settimana e il 39% di quelle che lo facevano per almeno 35 ore la settimana hanno diminuito l’allattamento fino alla sporadicità. Il dott. Xiang ha, così, dichiarato: “Fino a quando le madri che tornano a lavorare mantengono le loro ore di lavoro entro le 19 a settimana, hanno una probabilità simile alle mamme che stanno a casa di effettuare l’allattamento al seno in modo predominante per 16 settimane e ogni tanto fino a sei mesi”. Del resto, gli stessi pediatri sostengono che l’allattamento dei bebè esclusivamente al seno fino ad almeno sei mesi riduce di molto il rischio di infezioni alle orecchie e all’apparato respiratorio, la sindrome della morte improvvisa del lattante, le allergie, l’obesità infantile e il diabete nei neonati. Anche le madri ne beneficiano poiché i periodi più lunghi di allattamento al seno sono legati alla riduzione dei rischi di depressione, di deterioramento delle ossa e di alcuni tipi di cancro. Le madri che hanno partecipato allo studio, avevano in media circa 33 anni e circa la metà di loro aveva una formazione universitaria. In definitiva, il 49% delle mamme ha affermato di aver allattato principalmente al seno per i primi quattro mesi.
Entro i sei mesi, il 58% stava ancora dando ai neonati almeno un po’ di latte materno, mentre a quattro mesi, per circa il 54% delle donne che non lavoravano affatto, era ancora prevalente l’allattamento al seno. Allo stesso modo, la medesima situazione si riscontrava in circa il 53% delle donne che lavorano non più di 19 ore alla settimana, dimostra lo studio. Tuttavia, solo circa il 42% delle donne che lavorano 20-34 ore a settimana allattava ancora in modo prevalente a quel punto, e solo il 38% di quelle che lavoravano 35 ore a settimana o più.
“Un limite dello studio è che si concentra solo su donne già impiegate prima dell’arrivo dei bimbi. I ricercatori hanno anche fatto affidamento sulla memoria delle donne per ricordare con precisione com’è andato l’allattamento al seno a distanza di circa un anno. Anche così, i risultati si aggiungono ad un corpo consistente di prove che collegano il maggior tempo passato a casa con i periodi di allattamento al seno più lunghi”, sostiene Melanie Lutenbacher, ricercatrice alla Vanderbilt University School of Nursing di Nashville, che non è stata coinvolta nello studio.
“L’allattamento al seno richiede tempo, spesso difficile da trovare per alcune donne occupate e ancora deliberatamente non supportato in molti posti di lavoro – spiega l’esperta – Meno tempo in ufficio fornisce più opportunità per una donna di continuare l’allattamento al seno nel proprio spazio personale, più tempo al lavoro significa un maggior bisogno, sul luogo di lavoro, di spazio e privacy per tirarsi il latte e poi un posto per riporlo”. Indubbiamente, le difficoltà ad allattare nei luoghi di lavoro non aiutano l’allattamento e, quindi, il rafforzamento delle difese immunitarie dei bambini. Perciò, occorre una maggiore attenzione per la cura delle future generazioni, in un momento in cui la natalità, specialmente in Italia, tende a diminuire drasticamente, cosa che ci porta a riconsiderare i rapporti di lavoro attualmente praticati e esistenti.
Francesco Sanfilippo