Recentemente, ho appreso con mio profonda sorpresa e incipiente disgusto, che l’insulina è usata dagli sportivi non diabetici per raggiungere effetti positivi nelle prestazioni sportive, sottovalutando gli effetti negativi. Inoltre, ora è d’obbligo per i medici prescrittore, preparare un piano terapeutico per i pazienti con diabete che fanno uso di insuline lente con principio di glargine. Quest’ultimo provvedimento non è applicato a un’insulina equivalente che usa lo stesso principio, ma non garantisce la medesima percentuale di successo seppur lo scarto sia ridotto. Queste notizie turbano e lasciano perplessi, poiché si assiste ad un uso improprio di farmaci che salvano a vita a decine di migliaia di persone quotidianamente che altrimenti ne farebbero volentieri a meno. Il tutto avviene con la connivenza di molti dentro e fuori il mondo sportivo, rendendosi complici di malattie devastanti che alla lunga emergono nel corpo dell’atleta. Non bisogna dimenticare anche i costi sociali che il doping impone alle famiglie e agli amici degli atleti. Eppure, i costi indiretti, le sanzioni penali e sportive, non bastano a fermare il fenomeno. Infatti, quest’ultimo è alimentato spesso dai sogni di rivalsa delle famiglie che individuano in questi sport il mezzo per ricevere quei vantaggi che non hanno avuto se non tramite i figli che divengono utili comparse in questo scenario. Spesso, non si agisce in malafede, ma è chiaro che non si presta attenzione ai giusti limiti da tenere in questi casi. Non va meglio nelle prescrizioni, poiché sotto l’apparenza di risparmi, il Ministero tenta di abbassare prezzi, ignorando il pericolo che questi pazienti possano abusare delle possibilità concessegli. In realtà, non si sembra che gli amministratori della Cosa pubblica guardino il futuro, poiché si ha la percezione che pensino ad un risparmio immediato senza tenere conto dei possibili costi. Infatti, un’insulina equivalente che presenti una maggiore possibilità di insuccesso per i pazienti, seppur tale realtà sia relativamente minima, si traduce in un aumento dei costi. Si pensi alla possibilità per il paziente di cambiare terapia, passando dalle penne al microinfusore che gratis non è per la nostra sanità. Si pensi alla cattiva gestione che il malcapitato paziente potrebbe ottenere da questa situazione. Ciò ricorda le gare per la scelta di strumenti per l’automonitoraggio della glicemia che ha conosciuto come vincitori effimeri prodotti di qualità peggiore che, però, costano poco. È chiaro che la Sanità va salvaguardata e che le risorse stanno diminuendo, ma una maggiore avvedutezza favorirebbe questi processi di salvaguardia e consentirebbe risultati migliori. Ormai, non si può più agire singolarmente, ma occorre ragionare in una logica di rete, dove i problemi di un membro, riguardano tutti i componenti. Perciò, è necessario, oggi, stabilire reti funzionali e funzionanti, che moltiplichino i risultati positivi ed evitino di far dimenticare le proprie responsabilità di fronte a queste situazioni.
Francesco Sanfilippo