Arrivare al lavoro può essere più stressante che lavorare. Secondo un sondaggio della Ford Motor Company, su un campione di 5.500 cittadini di sei città europee, Londra, Parigi, Berlino, Barcellona, Madrid e Roma, una persona su tre afferma che lo spostamento per raggiungere il lavoro è sempre più logorante, con ripercussioni sulla salute e sul rendimento lavorativo. Il livello di stress è direttamente proporzionale alla percezione del soggetto di perdere tempo che sottrae alla propria vita privata. Trovarsi in un ingorgo stradale, senza potere prevedere l’orario di arrivo ed il rispetto dei propri impegni, può provocare spesso vissuti di impotenza con la sensazione di perdere il controllo, l’autonomia e la possibilità di fuga. Vivere tali momenti genera un attacco di panico che una traccia indelebile in chi l’ha subito.
Le crisi di panico sono sempre soggettive e sono determinate non tanto dal traffico in sé, quanto dalla percezione individuale della situazione contingente. Chi si trova nel traffico senza una reale fretta di raggiungere la meta, vive reazioni molto diverse rispetto a chi si trova bloccato e teme di non potere raggiungere la propria meta in tempo utile. In tale situazione, infatti, il soggetto sembra predisporsi ad una situazione di pericolo con una reazione di attacco o di fuga. L’esposizione al traffico modifica vari parametri fisiologici, tra cui ad esempio il rilascio di cortisolo. Un’indagine condotta in Inghilterra ha dimostrato che dopo venti minuti nel traffico aumentano in modo esponenziale i valori di cortisolo, considerato un marcatore dello stress, nella saliva con aumento della pressione arteriosa, della glicemia e con una riduzione delle difese immunitarie. I valori di cortisolo prodotto dall’organismo in tali situazioni determinano reazioni di genere molto diverse. Negli uomini si riscontrano tassi sette volte maggiori di cortisolo rispetto alle donne e sviluppano più spesso la via dell’attacco con reazioni di aggressività. Le donne, invece, seguono in prevalenza la via della fuga e sviluppano ansia che può anche diventare panico. L’aumento del cortisolo, insieme al blocco dell’aggressività, può produrre somatizzazioni a carico di vari organi. L’aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, insieme ad altri fattori di rischio, può predisporre il soggetto all’ipertensione arteriosa che non è di per sé una malattia, ma, se non diagnosticata e curata, è un fattore di rischio per accidenti cardio-cerebrovascolari come infarto ed ictus. A livello gastro-enterico l’aumento della secrezione acida nello stomaco può provocare disturbi come gastrite o dispepsia, mentre l’aumento della peristalsi intestinale può favorire l’insorgere della colite. L’aumento della frequenza degli atti respiratori può provocare l’attacco di Panico. È una patologia abbastanza frequente, poiché ne soffrono tre persone su cento e ne sono predisposte soprattutto le donne in giovane età. Il rapporto di soggetti di sesso femminile che ne soffrono, ha una prevalenza doppia, rispetto agli uomini. In Italia si stima che un milione e mezzo di persone presentano tale patologia con livelli diversi di espressione clinica. La crisi di panico, di solito senza alcuna causa apparente, si manifesta di solito con un senso di soffocamento e di oppressione al petto. Non è raro che tale sintomatologia venga scambiato per un infarto cardiaco, con timore infondato di morte improvvisa. Il quadro clinico del Disturbo da Attacchi di Panico si presenta con i seguenti sintomi, non sempre tutti presenti contemporaneamente, quali l’umento della frequenza cardiaca o palpitazioni, la sudorazione, il dolore al petto, la nausea, le vertigini, la sensazione di stordimento. A questi vanno aggiunti la difficoltà di respirazione e, nei casi più gravi, senso di soffocamento e sensazione di moirte imminente, l’ngoscia che qualcosa di terribile stia per succedere senza potere far nulla per evitarlo e la paura di perdere il controllo o di fare qualcosa di imbarazzante. La crisi di panico dura pochi minuti e poi scompare spontaneamente, ma lascia nel soggetto il terrore tale esperienza drammatica possa ripetersi. Alcuni pazienti descrivono la crisi come una “discesa all’inferno con ritorno in terra dopo pochi minuti”. La crisi non ha quasi mai una causa definita e può verificarsi in vari contesti come i luoghi chiusi e affollati, in ascensore, in auto in mezzo al traffico o mentre si attraversa un viadotto o una galleria. In queste situazioni, i pazienti raccontano che mentre sono in auto, compare una paura inspiegabile che blocca la capacità di guida e l’angoscia aumenta se il paziente è solo, senza qualcuno che possa dargli aiuto e se, bloccato in mezzo al traffico, percepisce che non esiste una via d’uscita. In caso di crisi è utile fermarsi, respirare profondamente, bere un pò d’acqua, mentre può essere d’aiuto masticare cheming-gum, in quanto i movimenti ritmici possono attenuare il rilascio di adrenalina. Va ricordato che la crisi è transitoria, guarisce in modo spontaneo, senza interventi specifici e non è connessa alla situazione contingente. Riprendere a guidare fino a destinazione è il miglior modo di convincersi che l’auto, il traffico, la galleria o il viadotto non sono la causa di una crisi che insorge a prescindere dal luogo d’insorgenza e che scompare in modo spontaneo senza lasciare tracce. Quando le crisi si ripetono e non sono sufficienti le strategie sopra riportate, è bene consultare uno specialista in Psichiatria che potrà prescrivere la corretta terapia.
Va ricordato che tale patologia guarisce se tempestivamente riconosciuta e correttamente curata, ma se trascurata può diventare cronica ed invalidante.
Salvatore Varia
Psichiatra-Psicoterapeuta
Vicepresidente Societ
Italiana di Psichiatria