diabete tipo 1

La fase di esordio del diabete di tipo 1

L’esordio di una malattia è sempre, o quasi, un evento traumatico che stravolge la vita delle persone interessate, della famiglia, di chi gli è accanto.
Nel caso del diabete di tipo 1, l’esordio non comporta solo un turbamento a livello psicologico ma si deve attivare la consapevolezza che si tratta di una malattia cronica, che quindi durerà per tutta la vita, che non passa con una cura ma con la quale si può convivere solo grazie all’ausilio dell’insulina.
Le iniezioni, le giuste dosi e i controlli capillari della glicemia sono le prime cose che sono insegnate e non c’è il tempo di somatizzare la nuova condizione in quanto è necessario impararle e praticarle subito e il paziente, se adulto, dovrà immediatamente rendersi autonomo.
Nel caso in cui il diabete sopraggiunga a un bambino o ad un ragazzo in fase preadolescenziale allora dovranno essere i genitori (o un adulto di riferimento) a doversi occupare di tutte le azioni quotidiane che si devono compiere per far stare bene la persona affetta da diabete.
Destreggiarsi fra iniezioni, controlli, calcoli dei carboidrati, sbalzi umorali e quindi glicemici, ipoglicemie e iperglicemie non è semplice e non c’è una fase in cui ci si possa prendere del tempo per abituarsi alla nuova situazione: si viene direttamente catapultati in quel mondo e spesso si cade nello sconforto.
Cosa si può fare, allora, per rendere questo momento così delicato più lieve?
Innanzitutto l’equipe medica del reparto di pediatria diabetica o del reparto di diabetologia dovrà essere in grado di spiegare come comportarsi nelle situazioni quotidiane più scontate. Inoltre, dovrà essere presente nelle circostanze che, seppur conosciute, diventano complicate in caso di diabete quali il malessere fisico, i pasti fuori casa, le gite, le attività scolastiche o lavorative.
I bambini possono vivere più serenamente la fase iniziale, forse nella loro ingenuità riescono ad abituarsi più facilmente perché, almeno finché non divengono autonomi, sono i genitori, che devono decidere dosi di insulina e vivono, spesso, una situazione di ansia e preoccupazione costante.
Diverso è quando l’esordio arriva nella fase adolescenziale, in un periodo della vita in cui si è nel bivio tra vita infantile e adulta e nella quale è già difficile destreggiarsi.
In questo caso è il ragazzo che deve sapersi gestire e deve riuscire ad accettare questa “nuova vita”.
Ancora differente è quando il diabete arriva nell’età adulta. Si può avere un reale sconvolgimento della vita, partendo dalla quotidianità fino al mondo del lavoro, che spesso “non accetta” la malattia e crede che chi ha il diabete sia meno efficiente e produttivo di un normoglicemico.
Qualora l’accettazione sia particolarmente difficoltosa si potrebbe prendere in considerazione l’ipotesi di affrontare dei colloqui psicologici: spesso si ha questo supporto con un professionista inserito nell’equipe medica o presente nel reparto di diabetologia.
Non bisogna sentirsi deboli o fragili e accogliere questa possibilità come un valido aiuto.
Sicuramente non è facile l’accettazione di una malattia cronica ma è bene che medici specialisti, familiari, amici e colleghi di lavoro siano di aiuto, non compatendo chi ha ricevuto questo dono non atteso, ma stando vicino alla persona, facendola sentire ugualmente accettata e apprezzata.
Ugualmente importante è la consapevolezza che si possa comunque condurre una vita ricca di esperienze e attività, non privandosi di nulla ma prestando sempre attenzione alla patologia.
È normale arrabbiarsi, sfogarsi, piangere, ma è bene prendere in mano la propria vita, che sarà sicuramente diversa, ma non per questo meno bella.

Francesca Loddo
Pedagoga

di Redazione

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