2016, un anno impegnativo e ricco di sfide

Il 2015 è stato un anno complesso, ricco di novità positive e negative. L’Unione europea ha dimostrato gravi incertezze nella gestione degli immigrati, accogliendo un numero spropositato di migranti che ne hanno messo a dura prova l’efficienza. Nel frattempo, i risparmi nella Sanità e nell’Istruzione hanno generato deficienze tali da non compensare l’impegno e l’abnegazione del personale sanitario impiegato. Infatti, nessun ente può essere gestito in modo superficiale, poiché la delicatezza del bilancio impone un controllo severo. Ne sanno qualcosa le Regioni che si vedono sottratte competenze dallo Stato centrale, prima delegate da quest’ultimo, per la cattiva gestione amministrativa operata. Nel 2016 d’altronde, non mancano prospettive interessanti che, a cominciare dal volontariato, potrebbero portare a risultati positivi.
Il 2016 si preannuncia come un anno impegnativo, durante il quale si presenteranno nuove sfide, generali e locali, che si aggiungeranno a quelle iniziate già nel 2015. La prima questione che non è mai cessata, è quella dei profughi e della migrazione, il cui flusso ormai attraversa il mar Egeo per approdare in Europa. Ciò pone difficoltà dai molteplici aspetti (sanitari, sociali, demografici e religiosi), tra cui uno dei più importanti è quello della sicurezza, poiché emerge che potenziali terroristi hanno già usato questa possibilità confondendosi tra la folla. A questo si aggiunge la debolezza dell’architettura istituzionale europea che ha mostrato spesso i suoi limiti durante il 2015. La mancanza di credibilità e di sfiducia non aiuteranno l’economia e la sicurezza europea, che restano assai deboli. Dal punto di vista sanitario italiano, si assiste ad un braccio di ferro tra lo Stato centrale e le regioni che, indebolite dalla malagestione delle proprie sanità, faticano a resistere all’accentramento operato dal Governo centrale. Potrebbe essere una buona notizia, visto che la Sanità centralizzata offre maggiori garanzie di quella regionale, ma questo non ci pone al riparo dall’arbitrio. Al contrario, come finora è emerso, la nostra Regione sarà ancora più messa sotto tutela, anche per la debolezza della sua classe politica, mentre altre regioni, pur in condizioni peggiori, non hanno ricevuto finora la stessa attenzione. Le nuove normative europee sull’orario di lavoro costringono ora il Governo a bandire necessariamente concorsi per assumere medici e infermieri, ma le risorse in diminuzione rendono questa decisione assai complessa da risolvere. Nel frattempo, le cure si potenziano e nuove tecnologie o procedure mediche favoriscono migliori trattamenti medico-chirurgici come l’uso della robotica nella sala operatoria. In compenso, l’uso scriteriato degli antibiotici negli allevamenti sta provocando la selezione di batteri molto più resistenti che potrebbero costituire a breve un nuovo pericolo pandemico per l’umanità com’è emerso in Cina di recente. In questo contesto, si aprono nuove sfide per le associazioni dei pazienti , poiché il loro ruolo assume prospettive ben diverse rispetto al puro sostegno ai bisognosi qual era il loro compito da esse occupato fino ad un decennio prima. Infatti, il semplice entusiasmo del volontario non è più sufficiente, ma occorre una preparazione migliore e più flessibile dei quadri direttivi delle associazioni. In questo modo, potranno accogliere meglio le istanze provenienti dai pazienti stessi di cui rappresentano gli interessi, rispondendo con maggiore efficacia ai bisogni che emergeranno. Ciò richiede anche la capacità di fare gruppo sia tra le associazioni che operano nello stesso campo, sia tra enti no profit di diversa natura. Così, questi stessi enti saranno capaci di coordinarsi su obiettivi comuni, così da conseguire i propri risparmiando dispendiosi interventi singoli. Questa situazione richiederà anche una migliore capacità di raccolta-fondi delle associazioni che imporrà una maggiore trasparenza nelle relazioni con i soci e con i non soci e una chiarezza degli obiettivi che non sempre si aveva. Tutto questo è provocato anche dall’assunzione di compiti che per loro natura non spetterebbero se non marginalmente alle associazioni, a che sono divenuti per alcune preponderanti. Inoltre, la sfida intrapresa dal mondo del Terzo settore nei confronti delle amministrazioni locali e regionali per l’utilizzo di beni comuni. Queste sono aree appartenenti al demanio pubblico rimasto inutilizzato come palazzi e terreni, il cui uso potrebbe coprire parte delle esigenze operative delle associazioni. Ciò ne potenzierebbe le capacità, offrendo ampi spazi dove svolgere le attività, coinvolgendo nuove forze. Infatti, con la messa in opera del Decreto “Buona scuola” che obbligano gli Istituti superiori ad aprirsi alle associazioni di categoria, alle imprese e alle associazioni di volontariato. Se a ciò si aggiunge la necessità di queste ultime di poter far operare personale più qualificato nel settore sociale o giuridico-economico, cosa che impone un rapporto nuovo con l’Università.
In questo senso, le difficoltà dello Stato centrale nel mantenere di servizi finora coperti a favore del cittadino hanno imposto, spesso e non volentieri, alle associazioni di volontariato e alle cooperative l’erogazione dei medesimi servizi, scaricandoli sulle loro fragili spalle. Infatti, le associazioni non hanno entrate proprie se non quelle provenienti dalle raccolte-fondi, dalle quote sociali e dalle donazioni, che per loro natura sono incostanti.
Questa situazione non può continuare oltre, poiché la copertura di questi servizi impone un forte consumo delle risorse. Ciò va a discapito della stessa esistenza dell’associazione, che diviene troppo dipendente dalle sorti dell’Istituzione pubblica cui si è legata.
Una sfida che si apre per il mondo del Terzo Settore sarà di definire chiaramente i propri obiettivi e i propri limiti, così da evitare fenomeni di default al so interno con effetti spiacevoli per tutta la società.

Francesco Sanfilippo

di Francesco Sanfilippo

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