Il piede ischemico è una delle due più gravi lesioni principali agli arti inferiori e in particolare al piede che caratterizzano nel diabete quella complessa patologia ischemica e neuropatica che ha il termine generico di “Piede Diabetico”.
Il piede ischemico è caratterizzato dai processi necrotici che si manifestano sotto le forme dell’ulcera ischemica e della gangrena nelle varietà secca e umida. Queste lesioni si sviluppano in diabetici portatori di arteriopatia arterioscherotica cronica e da tempo con sintomi soggettivi ed obiettivi di deficiente irrorazione arteriosa delle estremità inferiori. Rientra fra questi, ricordo, la cosiddetta “claudicatio intermittens”, (caratteristico zoppicamento con irregolare deambulazione) data dal dolore muscolare, provocato dallo sforzo nel camminare, che, richiedendo invano maggior apporto di sangue all’arto interessato, obbliga il paziente a fermarsi. Si deve precisare, tuttavia, che, qualora coesista la neuropatia, il dolore ischemico può mancare o essere molto attenuato e le necrosi possono svilupparsi in tale evenienza senza una sintomatologia dolorosa premonitrice.
E’ quanto può accadere soprattutto nel paziente con diabete ove può mancare il dolore a riposo che di solito accompagna le lesioni ischemico-necrotiche delle estremità. Da ciò deriva l’indicazione, nel diabetico, a regolari controlli delle estremità inferiori (piede in particolare) anche in assenza di precedenti dolorosi.
L’ulcera ischemica, dunque, si presenta con un margine arrossato ed un cratere costituito da tessuto bianco necrotico, senza accenno a tessuto di granulazione (quindi senza accenno ad eventuale inizio di processo reattivo-riparativo).
A differenza dell’ulcera neuropatica, inoltre, l’ulcera ischemica non si sviluppa nel contesto di una callosità.
Può essere superficiale, con interessamento solo di cute e sottocute e così può rimanere invariata anche per mesi.
Può viceversa estendersi rapidamente, specie se infetta, sia in superficie sia in profondità, coinvolgendo a volte gravemente ampie zone del piede attraverso fistolizzazioni che si fanno strada attraverso le numerose concamerazioni cui il piede è anatomicamente fornito.
La gangrena è una necrosi più estesa dell’ulcera, può interessare l’avampiede, il dorso del piede ed il tallone.
Più particolari sono le gangrene che colpiscono e fanno assumere alle dita del piede un colorito nero, che possono mantenere la cute intatta per molto tempo e che possono, se non si infettano, mummificare singolarmente dita ormai ischemizzate del piede, facili a spezzarsi al minimo trauma.
Se invece la gangrena, inseguito ad infezione dei tessuti necrotici, diviene umida, essa allora influenza negativamente lo stato generale di salute del paziente richiedendo la demolizione chirurgica delle zone necrotiche colpite dal processo ischemico.
In verità, le lesioni ischemiche del piede possono svilupparsi anche nell’arteriopatico non diabetico, ma nel diabetico esse sono molto più prevalenti, sono più frequenti bilateralmente ed evolvono più facilmente in gangrena.
Il motivo di queste differenze, oltre alla maggiore prevalenza e precocità dell’aterosclerosi nel diabetico, va ricercata nella differente topografia delle lesioni ateroscherotiche.
Nell’arteriopatico, infatti, le ostruzioni e le stenosi sono in genere monolaterali e colpiscono preferibilmente il tratto vascolare aorto-iliaco-femorale (quindi la parte alta degli arti inferiori).
Nel diabetico, invece, le stenosi sono spesso bilaterali, multi-segmentali nello stesso arto e interessano soprattutto le arterie tibiali anteriori e posteriori e le piccole arterie del piede (quindi la parte bassa e finale degli arti inferiori). Questo coinvolgimento basso nel diabetico è, inoltre, di ostacolo allo sviluppo di una circolazione sostitutiva e compensativa capace di assicurare un flusso arterioso sufficiente ad evitare necrosi ischemiche (specie alle dita dei piedi), sia come adattamento spontaneo, sia come possibilità terapeutica (essendo limitati i casi in cui è possibile un’efficace e duratura rivascolarizzazione chirurgica).
Infine, specie nella persona con diabete, facili squilibri metabolici possono indurre ipercoagulabilità (per aumentata aggregazione fra di loro delle piastrine ) ed aumento della viscosità del sangue (per gli elevati livelli di una sostanza chiamata fibrinogeno).
Da ciò consegue l’istaurarsi di rapide riduzioni del flusso arterioso e lo sviluppo di pericolose occlusioni trombotiche. Le infezioni sono una complicanza frequente e grave sia del piede “neuropatico” che di quello ischemico.
Qualsiasi infezione può diffondersi a tutto il piede ed alla gamba con sviluppo di ascessi profondi e di infezione delle ossa (osteiti), difficilmente debellabili.
Il processo infettivo può, infine, provocare anche l’occlusione trombotica delle piccole arterie delle dita del piede coinvolte nel processo infiammatorio, con conseguente gangrena (fortunatamente più raramente producente gas – cosidetta gangrena gassosa) e necrosi delle stesse.
La prognosi di un’infezione è, nel piede, negativamente influenzata dalla coesistenza di un processo ischemico e viceversa.
Lo stato vitale del piede può restare sufficiente, pur in presenza di un deficit arterioso, se non vi è infezione, ma può divenire del tutto insufficiente se quest’ultima si sviluppa.
Estensione, gravità e durata del processo infettivo influenzano lo stato generale del paziente.
Il dolore può essere modesto a causa della neuropatia, è frequentemente pulsante se vi è un ascesso chiuso ed è aggravato dalla elevazione dell’arto se coesiste una insufficienza arteriosa.
A conclusione di quanto su esposto, lo specialista può facilmente valutare l’entità dell’ischemia a livello del piede ed il conseguente rischio di ulcere ischemiche con uno studio flussimetrico dell’alluce (che ci indica quanto sangue circola nel dito più grande del piede) e con lo studio dell’ossigeno transcutaneo (che ci indica la percentuale di ossigenazione del sangue).
Dott. Giardina Gaetano
Dirigente Chirurgo Emerito