RISK

La Gestione del rischio clinico tra etica e professionalità

Con l’espressione “rischio clinico”, s’indica la possibilità che un paziente subisca un “danno o disagio involontario, imputabile alle cure sanitarie, che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte”. La gestione del rischio clinico è un’attività complessa e articolata che si sviluppa a diversi livelli, che mira al raggiungimento di precisi obiettivi quali ridurre i rischi, e quindi i danni, per i pazienti sottoposti a pratiche mediche. Ai fini della sicurezza dei pazienti, nel percorso di prevenzione dell’errore, il comportamento di tutti e di ogni operatore sanitario è connotato da un marcato spessore etico. L’errore imputabile al fattore umano può essere conoscitivo, applicativo oppure operativo, ma la negligenza comporta sempre una responsabilità dell’operatore.

Nelle aziende sanitarie, la riduzione del danno è il primum movens per mettere in campo poderosi meccanismi di prevenzione e gestione del rischio clinico. Ne consegue un minor numero di sinistri, una diminuzione del contenzioso, una riduzione dei costi economici da sostenere, e, non ultima, la salvaguardia dell’immagine dell’organizzazione. Accanto alle considerazioni economiche e di immagine, un’altra forte motivazione spinge tuttavia le aziende sanitarie ad attuare serie politiche di gestione del rischio: questa è proprio la motivazione etica. Nella grande dimensione della problematica etica è implicita la volontarietà dell’azione, e quindi la responsabilità di chi agisce. Da ciò si evince che la responsabilità, in ambito sanitario, si estende ben al di là dell’applicazione di procedure o di regole. All’interno di sistemi complessi, quali le organizzazione sanitarie, il fattore umano rappresenta una preziosa risorsa, ma può anche costituire una marcata criticità. Il comportamento dell’essere umano si configura, infatti, come uno dei principali fattori in grado di fare la differenza nell’outcome complessivo delle prestazioni sanitarie. La gestione del rischio clinico non può assolutamente prescindere, pertanto, da forti considerazioni etiche, da cui derivano azioni e procedure imperative, quali la prevenzione e l’analisi dell’errore, l’applicazione del “principio di precauzione”, la comunicazione con il paziente, la corretta somministrazione del consenso informato, il comportamento ispirato a principi di giustizia ed equità. Il principio di precauzione, invece, è stato inizialmente individuato negli anni Settanta, in riferimento alla protezione relativa ai danni ambientali. Nella Dichiarazione di Rio promulgata dalla Conferenza delle Nazioni Unite del 1992, è così precisato: «Al fine di proteggere l’ambiente, gli stati applicheranno largamente, secondo le loro capacità, il metodo precauzionale. In caso di rischio di danno grave o irreversibile, l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rinviare l’adozione di misure adeguate ed efficaci, anche in rapporto ai costi, dirette a prevedere il degrado ambientale». Il dettato della Dichiarazione di Rio è stato progressivamente esteso anche alla protezione della salute. Nelle attività mediche spesso possono verificarsi situazioni in cui la necessità di prendere una decisione non è confortata da evidenze scientifiche. Sono proprio questi i casi in cui i comportamenti ispirati a correttezza etica devono far ricorso al“principio di precauzione”. La presenza di un rischio potenziale ben identificato rende eticamente valido l’utilizzo del“principio di precauzione. Sono due i principali modelli di comunicazione con il paziente: il primo è caratterizzato dalla completezza dell’informazione fornita, comprensiva di esaustivi dettagli scientifici; il secondo si limita alla semplice trasmissione delle informazioni indispensabili per la conoscenza del quadro clinico. Entrambi questi modelli, utilizzati in circostanze diverse, devono essere improntati al principio della trasparenza. Una sovrabbondanza di informazioni, o al contrario, una esiguità di dati, non devono assolutamente ostacolare la comunicazione operatore-paziente, né la comprensione, da parte di quest’ultimo, delle propria situazione clinica. Al tema della comunicazione è strettamente unito quello del consenso informato, tema in se stesso connotato da una sostanziale componente etica. E’ manifesto qui il legame con i valori determinanti nell’esistenza di ogni individuo: la libertà e la responsabilità. Il rispetto della persona, principio essenziale ed indiscutibile, non può essere disgiunto dal principio di equità, in base al quale le scelte giuste devono scaturire dalla esatta considerazione di rischi e benefici. I costi dell’erogazione delle cure impongono attente analisi. Nella scelta dell’opzione più praticabile appare eticamente corretta anche la considerazione dell’equa ripartizione di vantaggi e svantaggi su scala sociale. I provvedimenti in tema di salute risultano così inevitabilmente connessi alle problematiche economico-sociali. La valutazione dei costi/benefici derivanti da una o da un’altra scelta talvolta pone di fronte a decisioni difficili. E’ tuttavia evidente che l’analisi costi/benefici deve essere effettuata, ove possibile, unitamente all’analisi rischi/benefici.
L’eticità della condotta va anche misurata attraverso il rapporto tra la massimizzazione dei benefici per la salute (bene dell’individuo) e la riduzione del rischio e dell’impiego di risorse (bene della collettività). Tali problematica rappresenta una vera e propria sfida per i sistemi sanitari nazionali.

Tommaso Mannone
Risk Manager
A.O. Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello di Palermo

di Dott. Tommaso Mannone

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