ingratitudine

L’ingratitudine, un pessimo sentimento umano. Per la scienza una “sindrome“

L’ingratitudine è un pessimo comportamento umano che riflette sentimenti diversi e negativi nei confronti del nostro prossimo. Eppure, il rapporto tra chi è benefattore e chi ne è il beneficiario non è così lineare come un’impressione superficiale tenderebbe a far apparire. Infatti, anche il benefattore ha degli scopi non sempre ispirati alla gratuità del gesto, così come non sempre il beneficiario che ad un certo punto rifiuta il suo aiuto, è sleale. Però, una volta accettato l’aiuto, non si può non riconoscerlo in seguito, poiché si entra in torto. Perciò, il 17 novembre a Villa Malfitano si terrà un convegno sull’ingratitudine, il cui peso nella nostra vita sociale non è da sottovalutare. Del resto, le favole che trattano questo tema, non sono poche e non a caso, ma il fenomeno non è stato ancora studiato come merita.
Quali sono i segreti dell’ingratitudine? Da secoli, l’uomo si chiede perché e come
nasca un sentimento così negativo e apparentemente assurdo, che è, invece, molto più frequente di quanto si creda. Si tratta, in realtà, di un universo ancora poco esplorato, anche se è lecito per la scienza medica parlare di vera e propria sindrome. È una reazione che alcuni soggetti manifestano dopo aver ricevuto dei benefici di varia natura, in particolare quando si passano momenti di grave difficoltà. Costoro sostengono una sorta di rifiuto per la dipendenza che hanno dal loro benefattore, facendo dominare nei suoi confronti un paradossale bisogno di dire “io non devo niente a nessuno”. Secondo alcuni studiosi, questa è una “malattia dell’anima che ha a che fare con l’invidia”. L’Associazione Agorà delle Donne, da oltre 20 anni opera in prima linea nella promozione della cultura, del territorio e dell’economia della Sicilia, se ne occuperà in un primo convegno nazionale. Il 17 Novembre 2015, alle 17, infatti, l’associazione organizza il Primo Convegno Nazionale di studio ed analisi sul tema del “Rapporto tra Benefattore e Beneficato”, presso Villa Malfitano. La presidente di Agorà delle Donne, Mariagrazia Brandara ha dichiarato: “Vogliamo che la Sicilia, sia la prima regione italiana ad occuparsi di un problema che, finalmente, si sta affrontando a livello scientifico e non solo. Il nostro intento è di individuare un punto di raccordo che metta insieme le diverse analisi e i diversi aspetti di un comportamento riconosciuto, apparentemente strano, ma che può portare ad una vera e propria patologia: vendetta o rancore nei confronti del proprio benefattore”. Il rancore ottenebra e delimita l’orizzonte del giudizio, per una versione apparente della realtà. Il verso che orienta lo sviluppo rancoroso, compone un elemento dualistico bidirezionale. Il beneficante ed il beneficiato diventano protagonisti dell’intimo dramma che viene a rappresentarsi. Motivazioni e strategie non risparmiano nessuno dei due interlocutori. La vicenda non ha inizio con la concessione del beneficio e ha origini antecedenti, quando il beneficante ed il beneficiato si erano trovati a confrontarsi su un intreccio di reciproci interessi. L’analisi, che possa far capire il decorso, lo sviluppo e l’esito del travaglio personale degli interlocutori, va ricavata essenzialmente dalla cultura, dalla società e dalla natura che li rappresentano. La cultura e la società si affrontano nella loro accezione antropologica, cioè la natura del loro comportamento psicologico. L’interesse rivolto a quest’ultimo profilo trova riscontri nella dinamica delle azioni comportamentali, ma anche nella favolistica classica con la quale la tradizione riporta esempi paradigmatici, di intento educativo, tratti da modelli comparati del mondo animale. L’argomento è trattato nella letteratura di popoli antichi, ma già avanti nella dimensione etica relazionale. Gli esempi descrivono comportamenti animali, per farsi intendere dagli uomini, di rancori, invidie ed ingratitudini mostrati da chi ha tratto beneficio da un’azione compassionevole e caritatevole, subito dimenticata. La lezione, semplice e lineare, introduce il concetto che siano solidarietà e riconoscenza a consolidare i legami fra gli individui. L’azione in ogni suo genere ha sempre un progetto e per la psicologia dinamica, che contempla l’inconscio, la conseguenza dell’agire può svilupparsi senza che appaia circostanziato l’autentico rapporto fra causa ed effetto. Questo spiega quanto sia frequente lo stupore e l’incredulità che accompagnano certi atti, rispetto a premesse che si strutturano su motivazioni oscure, nate nelle zone più profonde della psiche. Cosicché, la tesi che trova sviluppo nell’argomento “sindrome rancorosa del beneficiato”, si indirizza all’analisi di costui, ma non trascura un’analoga attenzione per il beneficante. Ambedue occupano una scena di vita rappresentata e ambedue sono promotrici di interessi e di obiettivi. Le loro intenzioni e le loro aspettative si intrecciano, in un rapporto unico di reciprocità che non si può dividere. Questo è il momento per farsi qualche domanda. Che struttura di personalità, come carattere, temperamento e meccanismi di difesa, hanno il beneficante ed il beneficiato?
Qual è stato il loro modo di agire, e cosa si aspettavano? Di quali sentimenti avvertono il trasporto?
Che cosa pensano e come intendono intervenire? Gli intrecci che si sviluppano, si riversano su tutti i campi della esistenza, come posizione psicologica dell’io, del sé e dell’oggetto relazionale, senza trascurare il tessuto sociale, etico e normativo che fa da collante fra gli individui. L’approfondimento conoscitivo, quindi, è complesso ed esteso, diversificato per interessi ed obiettivi, mentre il tutto è centrato sul tenace dilemma fra piacere o realtà, fra egoistica soddisfazione od altruistica partecipazione.

Francesco Sanfilippo
Prof. Antonio E. Di Rosa

Ordinario di psichiatria presso l’Università di Messina

di Francesco Sanfilippo

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