La pratica plurisecolare dell’anatocismo bancario è stata una delle più rilevanti cause che minano le fondamenta dell’economia sana e produttiva a favore dell’economia speculativa (sistema creditizio). Le associazioni che si propongono il fine etico di operare in difesa del consumatore, inteso anche nelle vesti produttive di imprenditore, lavoratore o soltanto risparmiatore, hanno da alcuni anni intrapreso una autentica battaglia civile contro questa illecita pratica assimilabile di fatto all’usura. Questa battaglia è suffragata e supportata da recenti e recentissime nonché molteplici sentenze emesse dalle sezioni della Corte di Cassazione. Queste sentenze le condannano univocamente e giudicano questa gravissima e esecrabile aberrazione creditizia con oggettive motivazioni. Il termine anatocismo affonda la sua radice etimologica nell’antico lessico ellenico. Infatti, è composta dal termine “ ana “ che esprime il concetto di “ripetizione” e dal termine” tochismos “che invece vuol dire esattamente “ usura”, definizione quindi più che correttamente mirata e dal significato oggettivo ed eloquente. di fatto, l’anatocismo consiste nella produzione d’interessi (capitalizzazione) da altri interessi resi produttivi sebbene scaduti o non corrisposti su un determinato capitale iniziale. Nell’ordinamento creditizio italiano questa pratica esecrabile e illecita prende corpo dalla sperequazione esistente fra la consolidata prassi di prevedere la capitalizzazione degli interessi a favore dell’istituto di credito su base trimestrale e altresì la maturazione degli interessi a favore del cliente su base annuale. Quest’autentica aberrazione caratterizzante il sistema bancario italiano determina, quindi, una gravissima disfunzione a scapito del debitore. Infatti, sviluppa un regime di capitalizzazione composta che inevitabilmente sfocia nella crescita esorbitante e esponenziale dell’esposizione debitoria. Il confine esistente fra la pratica anatocistica e la pratica usuraria è, come facilmente evincibile, estremamente labile e nebuloso. Mentre la prima costituisce un illecito civile, la seconda configura un reato penale d’inquietante profilo criminoso. da parte degli studi legali e delle associazioni dei consumatori, si acclara la tendenza a evitare, per quanto possibile, di aprire contenziosi penali. Certamente esistono molteplici casi fondati, ma fuorvianti dall’obbiettivo pragmaticamente prioritario per il cittadino, oberato da questa pratica, di rientrare in possesso delle somme di denaro illecitamente pretese dagli istituti di credito e, quindi, dal ripianare situazioni talvolta di drammatico impatto sociale e economico. Infatti, le associazioni in difesa del consumatore (cittadino) hanno la priorità, particolarmente pressante in un momento di congiuntura economica come quello attuale, di ristabilire un sano e corretto, eticamente e giuridicamente, equilibrio fra coloro che ricorrono al credito e gli enti preposti a erogarlo.
Sergio Dellaira
Udiconsum.it
“Per ulteriori informazioni potete chiedere a http://www.unionedeiconsumatori.it/contatti/”