Una recente sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, per l’esattezza la n.18834 emessa in data 23/09/2015, sancisce e puntualizza i casi in cui la legge Pinto diviene di fatto inapplicabile.
Questa è la legge che prevede un risarcimento inerente l’irragionevole durata di un processo. Infatti, in taluni casi previsti dalla legge costituiscono esclusione del diritto all’equa riparazione la lite temeraria.
Quest’ultima si ha quando la parte ha portato in giudizio la controparte in maniera palesemente tendenziosa e oggettivamente consapevole dell’arbitrarietà e dell’infondatezza delle proprie pretese o, comunque, sulla base di una motivazione fondata sul puro azzardo. Altra ipotesi di esclusione dai benefici dell’equa riparazione è l’avere incardinato una causa abusiva. Quest’ipotesi si conclama quando l’attore del procedimento utilizza lo strumento processuale in modo intenzionalmente distorto al fine palese di lucrare benefici sulla durata della pendenza della lite.
Sono ugualmente esclusi dal beneficio previsto anche i casi in cui, malgrado la durata oggettivamente irragionevole del processo, la parte non ha di fatto subito alcun danno concreto ed effettivo a dispetto dei tempi processuali esasperatamente dilatati.
Vale anche l’esclusione ai benefici conseguenti l’applicazione della summenzionata legge, l’ipotesi che il giudizio termini con un contenuto equivalente e comunque non superiore alla proposta conciliativa o alla eventuale proposta di mediazione fra le parti in causa.
Sono anche esclusi dai benefici in oggetto i casi in cui intervenga la prescrizione connessa al reato in forza di condotte dilatorie messe in atto dalla parte.
Ciò avverrà anche nel caso in cui la parte non depositi la prevista istanza di accelerazione del processo penale nei previsti trenta giorni successivi al superamento della soglia dei termini di ragionevole durata. In ogni caso, i giudici della suprema Corte stabiliscono, comunque, che occorre evincere che l’attore era consapevole dell’oggettiva infondatezza della propria istanza e che in ragione di questo abbia malgrado tutto instaurato la causa con intenti manifestatamente temerari o intenzionalmente e proditoriamente dilatori.
Questa sentenza detta un importante principio di diritto che consiste nel valutare singolarmente ogni caso, al fine di comprendere se esistono e sussistono motivazioni tendenziose e temerarie da parte dell’attore della causa.
Se ragionevolmente dimostrate o dimostrabili, tali motivazioni lo porrebbero fuori dai benefici previsti dalla legge Pinto.
Sergio Dellaira
Udiconsum.it
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