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L’obesità in Italia ci costa 22 miliardi l’anno


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Il 10 ottobre del corrente anno è stato dedicato all’obesità che, secondo dati recenti dell’Adi (Associazione italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica), ci costa 22 miliardi l’anno, gran parte dei quali spesi per l’ospedalizzazione. Eppure, secondo al Coldiretti, gli italiani sono i più magri d’Europa, con il 10% dei cittadini obesi contro il 25% degli inglesi, in testa alla classifica davanti a lussemburghesi e ungheresi. Secondo quest’associazione di categoria degli agricoltori, il nostro Paese vanta il minor numero di cittadini nell’Unione Europea sopra i 15 anni con problemi di obesità, appena uno su dieci, meglio anche degli svedesi (12%), degli austriaci, dei danesi e dei francesi. Secondo Coldiretti, questo primato si deve agli effetti a lungo termine della dieta mediterranea con pane, pasta, frutta, verdura, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari. Non a caso, gli italiani sono i più longevi, poiché la loro vita media è di 79,4 anni per gli uomini e di 84,5 anni per le donne, tra le più elevate al mondo. Tuttavia, sta emergendo che, tra le giovani generazioni, il 30,7% è in eccesso di peso o addirittura obeso secondo un’indagine 2014 condotta sugli alunni che frequentano la terza classe primaria. In parte questo dato è favorito dal calo degli acquisti familiari di frutta e verdura delle famiglie, che è sceso nel 2014 al di sotto dei 400 grammi per persona. Ad essere maggiormente a rischio, quindi, sono i bambini, che detengono, ufficialmente, il poco desiderabile primato europeo per il peso in eccesso, ma la prevenzione è ancora l’arma più importante per invertire tale rischioso orientamento. Così, risulterebbe che il 22,2% dei bambini è in sovrappeso e oltre il 10% è obeso. Questa situazione è emersa dai dati del progetto ministeriale ‘Okkio alla Salute’, che ha coinvolto oltre 46mila piccoli, per questo l’Eu Action Plan on Chilhood Obesity 2014-2020 ha messo i bambini italiani al primo posto della classifica dell’obesità in Europa, seguiti dai piccoli danesi e francesi. Non si tratta di una minaccia da sottovalutare, poiché, secondo recenti dati dell’ufficio europeo dell’Oms, raccolti nel Rapporto annuale dell’Oms (Organizzazione mondiale della Salute), in Italia tra 15 anni una donna su 2 e 7 uomini su 10 potrebbero essere in sovrappeso, con anche le percentuali di obesi in forte aumento. Perciò, la percentuale di donne sovrappeso passerà dal 39% del 2010 al 50% del 2030, mentre le obese passeranno dal 10 al 15%, mentre i maschi passeranno dal 58% di sovrappeso del 2010 al 70% nel 2030, con gli obesi che passeranno dal 12 al 20%. Non siamo soli, perché anche l’Europa non è messa meglio visto che nel 2030 gli stessi studi prevedono, nella maggior parte dei paesi, che il 50% di adulti vada in sovrappeso con punte addirittura del 90% in Irlanda. A far compagnia all’Irlanda e alla Gran Bretagna, ci sarebbero Grecia, Spagna, Austria e Repubblica Ceca. Si prevede che anche la Svezia, che finora ha avuto una bassa prevalenza di obesità, arriverà al 26% di obesi dall’attuale 14%, mentre le donne passeranno dal 12 al 22. Sarebbero poche le eccezioni e tra queste si segnalerebbe l’Olanda, che ora ha il 54% di sovrappeso e passerà al 49. A questo punto, è lecito chiedersi che cosa favorisca l’espansione di un fenomeno socio-sanitario come questo. Secondo gli esperti, questa malattia è provocata per il 50% da fattori genetici e per il 50% da fattori ambientali, cui si sommano 40 geni che sarebbero coinvolti nella patologia. Accanto a questo non edificante contesto, va aggiunta la trasmissione di cattive abitudini alimentari tra generazioni, per cui il primo attore della prevenzione diviene incontestabilmente la famiglia. Secondo dati dell’Associazione Italiana Obesità, infatti, solo il 5% dei casi è causato da disfunzioni di tipo ormonale, per cui per il 95% dei casi l’obesità si può contrastare. Come? Sicuramente, la pratica di attività sportive aerobiche aiuta non poco, non a caso il messaggio dell’Obesity Day 2015, il motto è stato ‘Camminiamo insieme’. Così, oltre 150 centri di dietetica Adi distribuiti su tutto il territorio e più di 500 specialisti fra dietologi, nutrizionisti e psicologi, hanno offerto consulenze gratuite. In questo contesto, sono stati distribuiti 2.500 questionari sullo stile di vita alimentare da compilare per informare e per sensibilizzare gli oltre 11 mln di italiani in sovrappeso ed i 3,6 mln di obesi. È stato distribuito anche del materiale divulgativo sugli aspetti psicologici e su come motivare gli individui nell’ottenere modifiche sostanziali dello stile di vita, grazie alla collaborazione con l’Ordine degli psicologi italiani. Tuttavia, molto resta da fare sia a livello normativo sia a livello organizzativo, poiché solo uno sforzo congiunto tra Istituzioni pubbliche, associazioni di categoria, pazienti e industrie alimentari permetterà di evitare un futuro da “grasso che cola”. Finora, i dati indicano il contrario, ma è chiaro che la strada attuale diverrà, a breve, insostenibile.

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