La salute, definita nella Costituzione dell’OMS come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”, pare essere agli occhi di qualcuno qualcosa di profondamente diverso. Quella delle persone con diabete, siano essi lavoratori, studenti o pensionati, è particolarmente a rischio. La diabetologia italiana, una delle più avanzate, sta subendo attacchi da più fronti e a pagarne le conseguenze saranno, purtroppo, coloro che convivono con la malattia tutti i giorni. A mettere in pericolo questo nostro sistema sanitario è prima fra tutte la supposta riorganizzazione delle reti cliniche nel nostro sistema sanitario operata da Balduzzi, ex Ministro della Salute e autore dell’omonima legge. Durante il governo Monti, infatti, questo Presidente del Consiglio affidò talune funzioni alle Regioni, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica. Queste, a loro volta, stanno attuando un forte ridimensionamento della rete diabetologica regionale, ad esempio declassando le strutture deputate o aggregandole ad altri reparti, riducendo o bloccando il turn over del personale sanitario. Tutto questo è in netto contrasto con il Piano nazionale per il diabete, con molte leggi regionali e con la stessa legge 115/87 di tutela dei diritti delle persone con diabete (la prima al mondo). Questa legge, infatti, ha realizzato per prima un sistema di prevenzione e cura della malattia diabetica e delle sue complicanze. Il rischio nel mettere in atto tagli lineari e indiscriminati alle risorse sanitarie è quello di far scomparire progressivamente la rete diabetologica e quindi di non poter garantire più ai quattro milioni di diabetici italiani assistenza e cure adeguate. Questo, a lungo andare, finirà per aggravare la condizione di queste persone, mentre la gestione delle complicanze comporterà evidentemente un aumento dei ricoveri e quindi della spesa sanitaria. Ma non è tutto: anche la revisione 2015 dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza garantiti dal servizio sanitario nazionale che sono in corso di definizione ai tavoli del Ministero della Salute, porta notizie pessime anche sul fronte lavorativo. Il sistema legislativo italiano, infatti, non prevede una legge dedicata esclusivamente ai lavoratori con diabete e ai loro diritti che oggi più di ieri sono alle prese con un “mostro” chiamato “Jobs Act”. Esistono situazioni di ogni genere che possono essere immaginate in un quadro davvero triste, ma fanno riferimento con più vaghezza alla nota legge n. 104 del 5 febbraio 1992. Questa si riferisce genericamente alla “persona handicappata che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”, includendo tra queste anche le persone con il diabete. La speranza è che in un futuro prossimo si possa riscrivere un nuovo manifesto dei diritti dei lavoratori con diabete, popolazione in continuo aumento (i dati riportati nell’annuario statistico Istat 2013 indicano che è diabetico il 5,4% degli italiani, con un 5,3% delle donne e un 5,6% degli uomini, pari a oltre 3 milioni di persone). Lo Stato si occupi del diabete come caso specifico, i numeri parlano chiaro! È opportuno che venga ampliata e concretizzata nella vita di tutti i giorni la legge n. 115 del 16 marzo 1987, fondamentale per le persone con diabete, poiché ha cominciato a far luce sulle disposizioni per il riconoscimento, la prevenzione e la cura del diabete mellito. Molto spesso tra i testi di legge, le Istituzioni e i cittadini si alza un muro invalicabile, per questo è importante, per evitare ciò, di fare chiarezza sui diritti delle persone con diabete, anche per dare loro la dignità dovuta. Il diabete è una malattia che colpisce tutti, bianchi, neri, ricchi, indigenti e tutti possono essere curati con le modalità adeguate. Davvero oggi siamo arrivati a questo punto di non ritorno? Ma quanto deve costare la sanità? Mi piace pensare e rispondere come un famoso medico “Gino Strada” cioè quanto basta affinché tutti possano ritrovare quell’equilibrio sociale e fisico per tornare alla quotidianità del ciclo della vita. Forse siamo davvero su una montagna nella quale la cima rimarrà solo un prelibato boccone? Oppure possiamo arrivarci con tutte le persone con diabete che, oggi, vogliono continuare a guardare lontano, perché “chi più in alto guarda, più lontano sogna”.
Damiano Iulio