Le dichiarazioni dei redditi non conformi alla realtà contabile del contribuente o dell’impresa hanno subito una considerevole penalizzazione, in conseguenza di una recente sentenza della Corte di Cassazione, esattamente la sentenza n.37094 del 15/09/2015. Infatti, sulla base della sentenza sopra menzionata l’eventuale sequestro dei beni del presunto evasore avviene in misura proporzionale all’imposta evasa in relazione con la contabilità in nero e in assenza della detrazione dei costi sostenuti, al fine di incrementare il reddito dell’impresa o del contribuente. la suprema corte ha fatto chiarezza sul reale valore dell’accertamento induttivo nell’ambito dell’eventuale procedimento penale, non attribuendo reità nel quantificare l’imposta evasa. Essa ha adottato il criterio, sicuramente inesatto e arbitrario comunque, di contabilizzare gli incrementi del reddito, omettendo di porre in detrazione i costi non precedentemente contabilizzati in assenza di specifiche deduzioni o allegazioni documentali.
In conclusione, si acclara che alcuno criterio di giudizio rende legittima la deduzione di presunte spese sostenute sulla base di ipotesi di spesa estranee ai dati fattuali, che sono presunti, arbitrari e assolutamente non quantificabili. Consegue, quindi, che anche al fine di ricostruire la reale entità dell’imposta evasa è ineludibile rifarsi alle norme stabilite dall’attuale e vigente normativa fiscale ma con le variabili valutative derivanti dalla differente finalità dell’accertamento penale. per quest’ultimo, sono, in qualunque modo, ammissibili i costi nel quantificare il reale imponibile se suffragati da conclamate certezze oggettive e documentali.
In concerto con la summenzionata sentenza e con le conseguenze derivanti sul piano procedurale, un’altra sentenza di cassazione, precisamente la n.18125 del 15/09/2015, suffraga il rigorismo espresso in sede di accertamento.
Infatti, in forza a quest’ultima sentenza, l’onere della prova su eventuali movimenti di conto corrente cointestati con familiari anche titolari di redditi cospicui ricade sull’autore delle movimentazioni medesime. Si prescinde, quindi, dall’eventuale elevato spessore economico dell’altro cointestatario, costituendo quindi comunque elementi di rilievo al fine di ricostruire realmente il corretto reddito imponibile. nell’ipotesi che il contribuente cointestatario oggetto dell’accertamento fiscale non fornisca contezza documentale e esaustiva dei movimenti sospetti di conto corrente, i medesimi costituiscono elementi oggettivi proficui alla reale rettifica delle dichiarazioni dei redditi, prescindendo dalla natura dell’attività svolta e della reale matrice degli incrementi del reddito accertati. In realtà quindi la sentenza n.18125 ha come unica finalità la ricostruzione storica del reale reddito imponibile, prescindendo di conseguenza sulla reale natura delle fonti d’incremento del reddito medesimo. Particolare rilievo hanno, di conseguenza, le operazioni bancarie inerenti ai prelevamenti, fermo rimanendo che viene, tuttavia, posta all’attenzione dell’accertamento la globalità delle movimentazioni effettuate nell’ambito del rapporto di conto corrente.
Sergio Dellaira
Udiconsum
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