Quelli che… il Rischio

Il rischio clinico è uno degli argomenti più delicati nel dossier salute nel nostro Paese, poiché le cause assicurative e la c.d. “medicina difensiva” hanno assunto un ruolo assai pesante nell’ambiente sanitario. I risultati ottenuti sotto questo profilo sono stati considerevoli a vantaggio sia degli operatori socio-sanitari sia per i pazienti. Questi risultati, spesso, non sono tenuti nel giusto conto, oltre a costituire, spesso a sproposito, fonte per polemiche superflue che non aiutano la risoluzione dei problemi. La prevenzione del rischio è una materia complessa che richiede una forte collaborazione tra gli attori interessati (medici, infermieri, pazienti, amministrazione, associazioni, ecc..). Molto resta da fare, ma la strada intrapresa dimostra che i risultati non mancano quando è la professionalità a prevalere.
Con l’espressione “rischio clinico” s’indica la possibilità che un paziente subisca un “danno o disagio involontario, imputabile alle cure sanitarie, che causa un prolungamento del periodo di degenza, un peggioramento delle condizioni di salute o la morte” (Ministero della Salute, 2008). La gestione del rischio clinico è un’attività complessa e articolata che si sviluppa a diversi livelli. Mira al raggiungimento di precisi obiettivi quali la riduzione dei rischi, e quindi, dei danni per i pazienti sottoposti a pratiche mediche.
Come me, in Sicilia, attualmente si dedicano a questa attività poco meno di venti professionisti in altrettante aziende sanitarie pubbliche. Sono i medici designati dal Decreto assessoriale 3181 del 2009, che, dal luglio 2010, con il supporto dell’Assessorato alla Salute e dell’eccellente Progetto regionale con Joint Commission International, sono riusciti ad effettuare un vero e proprio cambiamento culturale all’interno del modo di lavorare degli operatori sanitari siciliani. Da anni ormai tra le mani di “quelli del rischio clinico” passa molta più lavoro di quello schematicamente descritto in quel decreto. Insieme a molti Colleghi, ho portato la nostra esperienza in molte regioni d’Italia, e nel confronto con i più bravi, come i Colleghi della Toscana, possiamo serenamente affermare che la nostra Regione in quest’ambito in pochi anni ha guadagnato moltissimo terreno e anche nell’ambito del Rischio Clinico possiamo dire la nostra. L’impegno profuso nell’applicazione degli standard Joint Commission International, molti dei quali compresi nel “Manuale per il Rischio Clinico” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale regionale, ci ha insegnato una lingua comune. Quest’ultima è la stessa che nelle attività previste nei Piani attuativi aziendali, ha consentito alle aziende ospedaliere, per esempio nelle aree metropolitane, di raggiungere eccellenti risultati condivisi, discendenti da obiettivi comuni.
In pochi anni abbiamo costruito un impianto documentale di supporto a innumerevoli attività ospedaliere. Dalla gestione farmaci al trasporto dei pazienti, dalla documentazione medica e infermieristica alle check list di sicurezza, dalla prevenzione delle cadute alla gestione del dolore. Tutte queste attività, associate ad una incessante attività formativa sia in aula che nelle corsie al fianco dei nostri operatori, hanno anche supportato le aziende ed i professionisti nella prevenzione e nella gestione dei sinistri. Non a caso “quelli del rischio” fanno anche parte dei Comitati aziendali per la valutazione dei sinistri, i cosiddetti “CAVS”. Adesso, i Risk Manager sono impegnati anche nelle attività relative al Piano nazionale Esiti – P.N.E., agli Audit Clinici, alla implementazione delle Raccomandazioni Ministeriali per le prevenzione degli Eventi sentinella, al proseguimento del progetti regionali ONCO-UFA-EMA e ai Piani di miglioramento per i Punti nascita. I risultati finora ottenuti indicano chiaramente che la strada intrapresa nel 2010 è quella giusta. Per l’immediato futuro e per dare slancio a questo percorso virtuoso della nostra Sanità, sulla base della mia esperienza credo ci siano dei punti su cui le attività comuni debbano indirizzarsi. Tali punti sono rafforzare il coordinamento dei Clinical Risk Manager, ridefinire il loro ambito di azione che si è enormemente ingrandito rispetto a quello previsto nel 2010, creare un meccanismo di redazione, di revisione e d’implementazione centralizzato delle procedure e delle buone pratiche, sfruttando anche il meglio della ampia documentazione che le varie aziende hanno negli anni preparato e che rendono disponibili ai loro operatori anche con i siti internet aziendali, creare una Repository for Clinical Risk Manager sul modello della Regione Toscana, al fine di consentire una facile trasmissione di documenti tra i vari professionisti e maggiore adozione di modelli di respiro regionale. All’interno dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello, in questi mesi si sta lavorando per la realizzazione di un software in grado di incrociare i dati del “Rischio Clinico”ed i suoi monitoraggi (ricordiamo che in numerose aziende il Risk Manager è anche il responsabile della Qualità) con i dati dell’Ufficio Legale, i dati del CAVS e l’applicazione degli standard di Joint Commission International.
Se è vero che non si può migliorare una cosa che non è possibile misurare, la possibilità di incrociare questi dati consentirà di implementare efficaci piani di miglioramento e renderà possibile valutare l’efficacia delle politiche di implementazione della qualità e della sicurezza delle cure, e valutarne il costo economico derivante da mancata applicazione.
Se è vero che il Rischio Clinico non produce fatturato, è anche vero però che consente ad altri di produrlo in sicurezza salvaguardando i pazienti, gli operatori e l’azienda. E non è poco.

di Tommaso Mannone
Risk Manager
Resp. Area Qualità Gestione Rischio Clinico
A.O. Ospedali Riuniti Villa Sofia – Cervello di Palermo

di Dott. Tommaso Mannone

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