Nel corso del secondo Congresso Euroamericano di Posturologia e Scienza del movimento, tenutosi alla fine del 2014 a Roma, la tecnica rieducativa Rdm, del Prof. F.M.Pinto di Rio de Janeiro, tra le tante relazioni alle quali ho potuto assistere, merita un approfondimento particolare ed alcune riflessioni.
Nell’occasione, egli ha mostrato i risultati della sua tecnica applicata alle discopatie vertebrali. In occasione della sua lezione presso l’Università “La Sapienza” di Roma A.A 2013/14, ho, invece, avuto modo di conoscerlo e presenziare ad una dimostrazione teorico-pratica della tecnica.
Quest’ultima si è dimostrata molto interessante per le possibili applicazioni in campo Posturologico clinico, in modo particolare sulle patologie “Croniche”.
Il lavoro è stato presentato partendo da una valutazione delle “Lunghezze” delle Catene poliarticolari del Paziente (Effettuato su due soggetti volontari), dove, evidentemente, si era alla presenza di una condizione di sofferenza vertebrale e rigidità articolare. Si tratta di una condizione clinica sempre associata a forti retrazioni delle catene posteriori, che sono subito state evidenziate su i due casi presenti con un test di inclinazione del tronco in stazione Ortostatica e a mani unite.
È stato un test che è stato fatto ripetere successivamente a fine trattamento.
Dalla posizione di decubito supino su lettino, al paziente sono stati applicati, in punti specifici dietro il corpo, una serie di cuscinetti polimeri di differente colore, corrispondenti a diverse densità, esattamente in ordine verde, azzurro e giallo.
I punti di appoggio dei cuscinetti sono stati quello sottoccipitale, quello sottoscapolare, quello della regione inferiore dei Glutei esternamente e quello sotto i cavi poplitei.
Da questa posizione di distensione, il paziente ha eseguito una ginnastica respiratoria molto lenta e graduale, e dopo varie stazioni statiche di quattro o cinque minuti cambiando i polimeri nei medesimi punti, è stato, come già si è detto, testato di nuovo sui flessori della coscia, il tutto per una durata non superiore ai venti minuti.
Il primo caso clinico trattato ha riportato dei risultati non eclatanti, mentre il secondo ha restituito dei risultati modesti sul medesimo test, con un tempo di trattamento leggermente ridotto.
La tecnica sfrutta, in realtà, delle Posture antalgiche e di scarico, come avviene per altre in genere, che si sono dimostrate soddisfacenti considerato il loro impiego su problematiche Croniche come Ernie o Potrusioni di rilevante entità, dove la fase algica è preponderante.
In particolare, si è dimostrata molto buona l’idea di differenziare la densità dello spessore degli appoggi che consente un lavoro estremamente adattato e certosino, in presenza di dolori subacuti che spesso non consentono al paziente nemmeno di stare sdraiato supino. Questo consente di impostare già da subito un lavoro respiratorio profondo, diaframmatico, che distenda i muscoli della regione posteriore inferiore della schiena, cosa altrimenti non realizzabile a causa dell’Algia.
La modificazione progressiva della postura va fatta in modo molto graduale e modulato, poiché è un altro fattore importante a causa delle rigidità incombenti e delle fibrosità delle catene muscolari. Infine, vi è la possibilità di manovre manuali agevolate del terapeuta, partendo da queste “Posture antalgiche”. Per quello che c’è dato di vedere, le differenti densità in aree specifiche potrebbero indurre un effetto di rilassamento muscolare simile a quello determinato dalla digito-pressione, seppure con forze non paragonabili. Infatti, i polimeri generano appoggi più che spinte, ma contribuiscono ad aumentare l’Esterocezione (sensibilità a stimoli che provengono dall’esterno) del paziente oltre che modificare meccanicamente la postura e accomodarla al meglio.
Ciò avviene in condizione Antigravitaria, favorendo i naturali processi di rilassamento neuromuscolari.
Il metodo si presenta assai valido e riesce dove altre tecniche non arrivano a permettere gradualità, modulazione, sicurezza in assenza gravitaria, ed anche alla presenza di patologie importanti.
Lo studio presentato riguarda le discopatrie, per il quale il metodo sembra appropriato e, secondo l’opinione di chi scrive, si può permettere un approccio anticipatorio rispetto alla fase Subacuta dell’evento o in fase post operatoria (Rachide).
In questa fase, spesso le tecniche manuali falliscono per l’impossibilità di una estrema modulazione del movimento passivo sul rachide e per la mancanza di una importante componente “Attiva” del lavoro proposto.
In queste fasi, l’Rdm, rispetto a tecniche come McEnzie, Mezieres, Rpg o altro, può rappresentare una valida arma per contrastare l’ipocinesia caratterizzante la fase Sub Acuta delle patologie del rachide. Inoltre, può contrastare queste ultime nell’immediatezza del post operatorio, dove le linee guida sono ormai consolidate in una ripresa più precoce possibile in totale sicurezza del movimento.
Massimiliano Squillace
Chinesiologo