Nel decreto n. 65/2015, è prevista un’importante misura che riguarda il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo. La sua importanza è dovuta alla constatazione che senza questo intervento d’urgenza del Legislatore, il “tesoretto” individuale da utilizzare per determinare l’importo delle pensioni con il sistema contributivo e misto avrebbe ottenuto una riduzione.
Nell’agosto del ’95, la legge di riforma del sistema pensionistico, la n. 335/1995 fece una distinzione netta tra sistema retributivo e contributivo, conservando al centro le pensioni calcolate con il sistema misto come forma residuale. In realtà, non fu calcolato allora che esistesse la possibilità che il coefficiente di capitalizzazione del montante contributivo potesse divenire negativo. Questa legge si limita, infatti, a stabilire che il tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo, (PIL) nominale, appositamente calcolata dall’ISTAT, mentre l’anno da rivalutare fa riferimento al quinquennio precedente. Poiché il nostro Pil è divenuto negativo in questi ultimi 5 anni a causa della recessione economica, le pensioni avrebbero ottenuto un coefficiente negativo, con effetti a dir poco nefasti sui contributi dei lavoratori e sulle loro pensioni future se il meccanismo fosse stato applicato in modo pedissequo.
Il Decreto-legge n. 65/2015
stabilisce che, in ogni caso, il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo come determinato, adottando il tasso annuo di capitalizzazione fissato dalla norma, non può essere inferiore a uno, eccetto una possibilità di un recupero da effettuare sulle rivalutazioni successive. In questo modo, il decreto, di cui è attesa la conversione in legge, scongiura il ricorso ad una rivalutazione negativa, prevedendo un coefficiente mai inferiore ad uno, seppur il tasso complessivo risultante dai calcoli è negativo. Si tratta di una misura di salvaguardia che prevede anche il recupero di questo “abbuono” nelle rivalutazioni successive. Si tratta di un provvedimento quanto mai efficace, che fa, però, riflettere in negativo sulla saggezza delle decisioni prese in passato come dimostra il recente giudizio della Corte costituzionale sui provvedimenti presi dal Governo Monti riguardo le pensioni. In realtà, la materia pensionistica non è un capitolo chiuso, poiché la condizioni economiche del Paese richiederanno prima o poi nuovi interventi. Tuttavia, la diminuzione costante e progressiva delle risorse, induce a non conservare un ottimismo spensierato. Si prevedono, quindi, altri interventi correttivi in futuro, in mancanza di una riforma globale del settore che già, però, ne ha subiti molti negli ultimi anni.
Francesco Sanfilippo
Pensioni, un decreto salva quelle miste dalla crisi economica
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