La celiachia fa parte della grande famiglie delle malattie immunitarie ed è un processo cronico che porta ad eventi degenerativi se non preso in tempo.
Le sue origini sono antiche e il suo insorgere risale all’introduzione del grano nella nostra alimentazione, seppur la sua diffusione sia avvenuta in tempi recenti. Tuttavia, a fronte degli effetti noti a livello intestinale la sua pericolosità risiede
anche nella sua possibile capacità di influenzare la fertilità nelle donne riducendola.
Eppure, il modo per tenerla a bada esiste poiché un’alimentazione idonea senza glutine è in grado di bloccarne gli effetti negativi, favorendo il recupero dei villi intestinali che sono il bersaglio di questa patologia. In questo modo, la persona affetta può riprendere una vita normale, attuando le debite precauzioni per evitare, il suo ritorno.
La malattia celiaca (MC) definita anche sprue celiaca o enteropatia da glutine, è una malattia in cui il sistema immunitario aggredisce una proteina, il glutine, che si trova nei cereali. La reazione spropositata del sistema immunitario, in soggetti geneticamente predisposti, a fronte dell’ingestione del glutine, provoca la distruzione di parti dell’intestino ad opera del processo infiammatorio. Il malassorbimento è il risultato della distruzione massiccia di parti più o meno estese dell’intestino e caratteristico della sintomatologia ben conosciuta (dolori addominali, diarrea, vomito). Il problema della celiachia si è reso evidente quando l’uomo preistorico ha inserito i cereali nella sua alimentazione quotidiana e ciò è accaduto quando da cacciatori e raccoglitori sono diventati popolazioni stanziali. Nei tempi passati, le popolazioni vivevano prevalentemente di caccia e della raccolta di tuberi, frutta e semi oleosi e quindi la sintomatologia celiaca non poteva presentarsi ma a fronte di questi cambiamenti culturali e sociali la malattia ha dato presenza di se. Di fatto il glutine è una proteina contenuta in sostanze come il frumento e l’orzo e assente solamente nel riso, nel mais, nell’avena e nel sorgo. Il primo a descrivere questa malattia fu il greco Areteo di Cappadocia, chiamandola koiliakos, dalla parola koilia che significa “ventre” mentre nel 1887 il pediatra, Samuel Gee metteva in evidenza la malattia come: “una sorta di indigestione cronica che si riscontra in persone di tutte le età”. Durante la seconda guerra mondiale il pediatra olandese Willem-Karel Dicke identificò il fattore determinante la malattia, il glutine, poiché notò un miglioramento nella sintomatologia dei pazienti celiaci Olandesi a causa della mancanza e del razionamento del pane sostituito con le patate. La conferma alla sua ipotesi si ebbe alla fine della guerra quando il tasso di mortalità dei bambini celiaci Olandesi tornò a salire una volta reintrodotto il pane nel regime alimentare della popolazione. A fronte della sintomatologia intestinale ben conosciuta ne esiste una silente extra-intestinale che se non diagnosticata porta tutte una serie di ripercussioni come quella che influenza il sistema riproduttivo. Infatti, la condizione di malassorbimento condiziona il buon funzionamento sia del sistema endocrino che di quello immunitario con conseguenze, a volte, gravi. La correlazione tra concepimento e malattia celiaca silente è nota da tempo così come tutta una serie di eventi associati come l’infertilità, gli aborti spontanei e ricorrenti, la mancanza delle mestruazioni e la ridotta durata della vita riproduttiva (ritardo della comparsa della prima mestruazione, menopausa precoce). In aggiunta, donne con celiachia non diagnosticata e in corso di gravidanza possono presentare ritardi della crescita fetale intrauterina con conseguente basso peso alla nascita del bambino. Alcuni studi hanno messo in evidenza che su 102 donne affette da infertilità inspiegata, 4 su 98 era affetta da malattia celiaca non diagnosticata fino ad allora ed è quindi possibile che ne costituisca talvolta l’unico sintomo. Pertanto, si può paragonare la fertilità di una donna con malattia celiaca a quella di una stessa donna di età più avanzata dove quindi la soluzione potrebbe essere quella di seguire una dieta priva di glutine, ma, purtroppo, il problema rimane in chi non sa di essere celiaco.
D’altro canto la letteratura scientifica ha evidenziato che donne celiache che non seguono un regine alimentare privo di glutine hanno un rischio da 3 a 9 volte maggiore di aborto spontaneo nelle prime settimane di gravidanza.
In conclusione, un periodo storico come il nostro in cui il ritardo nel concepimento è influenzato da tutta una serie di motivazioni tra cui quelle economiche, sociali e culturali, il rapido successo è determinato soprattutto dalle perfette condizioni di salute di entrambi i genitori che passano anche da un accordo tra stile di vita e sana alimentazione. Quindi la diagnosi non tardiva di malattia Celiaca mette nelle condizioni l’individuo di attuare un regime alimentare controllato a scopo preventivo per tutte le patologie intestinali e non ad essa connesse.
La prevalenza della celiachia in Italia, sulla base del censimento dei soggetti affetti del 2013, è stimata intorno allo 0,27 %.
L’analisi dei dati all’interno delle singole popolazioni, maschile e femminile, fa emergere la prevalenza nei maschi intorno allo 0.16 % mentre nelle femmine è risultata intorno allo 0.37 %.
Dr.ssa Sonya Vasto
Nutrizionista
Ricercatore STEBICEF
La malattia Celiaca, non solo un problema alimentare
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