La resistenza dei batteri patogeni agli antibiotici è un rischio per la nostra salute e dall’Inghilterra arriva la recente notizia che si prevede una forte diffusione di questi batteri nei prossimi anni. Secondo le proiezioni governative, solo l’Inghilterra potrebbe subire, in caso di un’epidemia, “fino a 200.000 casi di pazienti contagiati e 80.000 vittime”. . Il rischio d’infezioni da batteri antibiotico-resistenti potrebbe significativamente aumentare nei prossimi 20 anni. Il governo britannico, infatti, ha pubblicato lo scorso mese un rapporto, i cui contenuti sono apparsi, di recente sui giornali inglesi. Nel documento, si lancia l’allarme sulla necessità di sviluppare nuovi antibiotici perché, in caso contrario, anche operazioni di routine diverrebbero procedure ad altissimo rischio.
La resistenza agli antibiotici, o antibiotico-resistenza, è un fenomeno, per il quale un batterio risulta resistente all’attività di un farmaco antimicrobico. In realtà, un microrganismo può essere considerato sensibile ad un antibiotico se indagini condotte in vitro indicano che un paziente infettato da quel microrganismo ha, probabilmente, la capacità di rispondere favorevolmente al farmaco, se somministrato in quantità appropriata. Il termine resistente, al contrario, implica che l’infezione, probabilmente, non risponde a tale terapia. La resistenza può essere naturale come quella dei micoplasmi se i batteri stessi non hanno parete cellulare e resistono agli antibiotici che hanno la parete come target specifico. Di questa categoria, fanno parte anche gli enterococchi, che risiedono nel tratto intestinale e che utilizzano l’acido folico dall’esterno, risultando quindi resistenti ai sulfamidici. Oppure, questa resistenza può essere acquisita quando l’agente patogeno è stato esposto all’antibiotico. Per non perire, il batterio, allora, modifica la sua struttura molecolare, producendo enzimi inattivanti l’antibiotico, riducendo la sua permeabilità e favorendo la fuoriuscita dell’antibiotico stesso dalla cellula grazie ad un sistema di pompe attive. Le farmaco-resistenze che s’instaurano in seguito a modificazioni genetiche possono essere distinte in cromosomiche ed extracromosomiche. Si parla di resistenza cromosomica o endogena, quando avvengono mutazioni spontanee indotte da meccanismi biochimici che operano normalmente nella cellula. Sono extracromosomiche o esogene, quando frammenti di DNA dell’ispettore patogeno, privi di meccanismi di replicazione autonoma, “saltano” da un cromosoma all’altro con una frequenza più elevata, rendendo immune l’ispettore stesso. L’abuso e l’utilizzo inappropriato degli antibiotici hanno contribuito alla comparsa di batteri resistenti, la cui espansione è stata facilitata dall’auto-prescrizione di antibiotici da parte di individui che ne assumono senza la prescrizione di un medico qualificato, e dall’uso non terapeutico degli antibiotici come promotori della crescita in agricoltura. Gli antibiotici sono, spesso, prescritti per situazioni in cui il loro uso non è giustificato come nei casi in cui le infezioni possono risolversi senza trattamento. L’uso eccessivo di antibiotici come la penicillina e l’eritromicina, che un tempo erano considerate “cure miracolose”, sono state associate con la resistenza ai farmaci che è emersa dal 1950. È particolarmente importante, specialmente in ambito clinico, eseguire l’antibiogramma, che è la valutazione in vitro della sensibilità batterica ai chemio-antibiotici. L’antibiogramma è un metodo che consente di valutare l’entità dell’efficacia di un antibiotico su microorganismi isolati, cioè tolti dal loro ambiente d’infezione e portati in terreno di coltura. Finora, i super-batteri invulnerabili ai farmaci stroncano la vita di 700 mila persone l’anno nel mondo. Secondo l’economista inglese Jim O’Neill, che ha ricevuto dal premier britannico David Cameron il compito di redigere un rapporto sul fenomeno in crescita dell’antibiotico-resistenza “se non saranno fermati con misure idonee, uccideranno 10 milioni di persone in più entro il 2050. Si tratta di un numero di vittime superiore a quelle che oggi si contano per colpa del cancro e i costi saranno pari a 100 trilioni di dollari, 35 volte superiori al Pil del Regno Unito (circa 3 tln di dollari l’anno)”. L’analisi si è basata sugli scenari prospettati dagli scienziati dell’Istituto di ricerca indipendente Rand Europe e dai revisori di Kpmg, che individuano le forme resistenti di Escherichia coli, della malaria e della tubercolosi come i principali pericoli. Secondo gli studiosi “in Europa e negli Stati Uniti i super-batteri causano almeno 50 mila decessi all’anno, ma se non saranno controllati le morti sono destinate ad aumentare di oltre 20 volte entro il 2050”. Di conseguenza, la riduzione della popolazione e l’impatto in termini di malattie taglieranno la produzione economica mondiale di una quota compresa dal 2 al 3,5%. O’Neill, padre degli acronimi Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e Mint (Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia), spiega che le conseguenze saranno più gravi soprattutto in questi Paesi: “In Nigeria, entro il 2050 più di una morte su 4 sarà causata da infezioni antibiotico-resistenti, mentre in India si potrebbero perdere 2 milioni di vite in più ogni anno”. Diviene sempre più urgente, quindi, adottare un uso moderato degli antibiotici, seppur la nostra tendenza sia di eliminare l’infezione senza pensare che gli agenti patogeni che l’alimentano, sono esseri viventi che si difendono quando la loro esistenza è messa a rischio.
Francesco Sanfilippo