Il sangue nell’organismo circola all’interno dei vasi sanguigni, e, quando esso sgorga all’esterno per ferita o per rottura di tali vasi, si ha un’emorragia. Tale evenienza è, soprattutto, frequente negli arti superiori ed inferiori. I vasi sanguigni si dividono in capillari, vene ed arterie, per cui le emorragie possono essere capillari, venose, arteriose, ed anche miste (artero-venose). La quantità di sangue che esce dalla lesione di un vaso dipende dal calibro del vaso (minore se capillare), e dalla pressione con cui il sangue circola nel vaso, che è maggiore nelle arterie, perché spinto dalla pompa cardiaca. È sopratutto nelle emorragie esterne che il soccorritore deve applicare e far tesoro di misure d’emergenza che saranno trattate di seguito. Si capirà che si tratta di sangue arterioso quando questo sprizzerà ad una maggiore pressione rispetto al venoso. Occorre ricordarsi sempre che dei circa sei litri di sangue contenuto nel corpo umano la perdita in breve tempo di un terzo della massa sanguigna (circa due litri) provoca shock che può divenire irreversibile e quindi mortale. Le emorragie capillari si verificano in traumi cutanei lievi, creando, ove c’è lesione (abrasione), superfici sanguinanti tamponabili con una semplice garza sterile o col cerotto. Quando invece manca la lesione esterna, il sangue fuoriuscito si raccoglie fra i tessuti dermo-epidermici, formando una raccolta chiamata ematoma. Oppure, si spalma fra i tessuti, creando una caratteristica chiazza inizialmente bruno-rossastra (ecchimosi) nella sede del trauma che in seguito diverrà giallastra e che lentamente si riassorbirà. L’emorragia venosa, che interessa una o più vene, si caratterizza nel suo riempimento che viene dal fondo della ferita, scivolando all’esterno dai bordi della stessa. In questo caso, ritmo d’uscita del sangue è costante ed uniforme, mentre il colorito del sangue è piuttosto scuro ed è causato dall’alto contenuto di anidrite carbonica (Co2) nel sangue venoso. Un classico esempio di emorragia venosa è la rottura di vene varicose agli arti inferiori. Quando si riconosce il carattere venoso dell’emorragia, per arrestarla si applica una fasciatura leggermente compressiva che blocchi il tampone sterile nel punto d’origine dell’emorragia. In mancanza si può usare un fazzoletto pulito, una cravatta, etc. Se l’emorragia interessa gli arti, il braccio o la gamba offesa sono alzati, rendendo in tal modo più difficile l’afflusso sanguigno nell’arto stesso. Infine, fatto ciò, si trasporta serenamente il ferito in ospedale per le opportune valutazioni. Si evita il laccio emostatico che pone in sofferenza i tessuti, ma, se necessario, si può applicarlo sempre al disotto dell’emorragia tra il punto dell’emorragia e l’estremità dell’arto.
Non si può mai fare il contrario, perché ciò si provocherebbe un aumento dell’emorragia per blocco del ritorno del sangue verso il cuore. L’emorragia arteriosa, che coinvolge una o più arterie, è caratterizzata da un getto intermittente di sangue in rapporto alla pressione arteriosa ed alle contrazioni cardiache.
Ciò causa spruzzi sanguigni che si proiettano a distanza dalla ferita, mentre il sangue è rosso vivo per l’alto contenuto di ossigeno del sangue arterioso. In questo caso, s’interviene subito, comprimendo e schiacciando con le dita l’arteria principale dell’arto interessato contro l’osso. Interrotto, così, il flusso del sangue fra il cuore e il luogo dell’emorragia, si pratica una fasciatura compressiva o si avvolge un fazzoletto pulito più volte ripiegato.
Chiusa l’arteria principale dell’arto ferito, si opera, a questo punto, una compressione continua.
Si controlla che dalla fasciatura non esca abbondante sangue, e, se ciò si verifica, si riapplica un secondo tampone sulla precedente fasciatura ripetendo la fasciatura compressiva. Poi, s’immobilizza l’arto ferito e si trasporta subito il traumatizzato in ospedale. In questo caso, è bene tenere sempre a portata di mano un laccio emostatico o un tubo di gomma da usare ove esista l’impossibilità di fermare l’emorragia con la fasciatura compressiva. In questo modo, s’interrompe il flusso nel vaso leso, mantenendolo al contrario nelle altre arterie e vene dell’arto leso.
Dott. Gaetano Giardina
Medico chirurgo
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